Il cristallo magico dei marinai vichinghi

Gli antichi navigatori lo usavano per orientarsi nelle giornate nuvolose? Lo spato islandese potrebbe essere la “pietra del sole” delle antiche saghe

Alcune saghe islandesi – racconti epici basati su veri episodi della storia vichinga – narrano delle cosiddette “pietre del sole”, con cui gli antichi navigatori del grande Nord riuscivano a localizzare la posizione dell’astro per orientarsi anche nelle giornate nuvolose. Ma come funzionavano queste pietre? Gli antichi racconti non forniscono spiegazioni.

Nel 1969, un archeologo danese ipotizzò che le pietre potessero servire a rilevare la polarizzazione della luce solare. La polarizzazione è un fenomeno che si verifica quando la luce incontra un ostacolo, come una superficie lucida o un banco di nebbia, che fa assumere ai suoi raggi un particolare orientamento. Rilevarla – come sono in grado di fare alcuni animali, ad esempio le api – avrebbe aiutato i navigatori vichinghi a orientarsi anche con il tempo coperto.

Di recente Guy Ropars, un fisico dell’Università di Rennes, in Francia, ha condotto un esperimento con un cristallo che potrebbe essere stato usato come “pietra del sole” dagli antichi vichinghi: un pezzo di spato islandese trovato a bordo della Alderney, una nave britannica affondata nel 1592.


In laboratorio, Ropars e i suoi colleghi hanno irradiato il pezzo di spato islandese con una

luce laser in parte polarizzata. Passando attraverso il cristallo, la luce si divideva in due raggi, polarizzato e no; ruotandolo, esisteva solo un punto in cui i due raggi avevano la stessa intensità. L’angolo di ingresso della luce dipende dalla posizione del raggio. L’ipotesi è che i vichinghi usassero il cristallo in un giorno di sole, marcando sulla sua superficie la posizione dell’astro. Nei giorni nuvolosi, poi, il navigatore avrebbe potuto orientarsi osservando la differenza di luminosità dei due raggi.

L’équipe di studiosi ha arruolato 20 volontari che, a turno, hanno guardato attraverso il cristallo nei giorni nuvolosi, cercando di localizzare così la posizione del sole. Si è scoperto che, in media, i volontari riuscivano a trovarla con un solo grado di errore, sui 360 in cui tradizionalmente è divisa la volta celeste.

I risultati confermano che “lo spato islandese è un cristallo ideale, che può essere usato con grande precisione” per localizzare il sole, sostiene Susanne Akeson, ecologa dell’Università di Lund, in Svezia. Nel 2010 un’équipe guidata da Akesson ha dimostrato che le condizioni meteorologiche influenzano la polarizzazione della luce alle latitudini artiche: un fenomeno di cui i Vichinghi avrebbero dovuto tenere conto.

Rimane da stabilire, prosegue la studiosa, “se e quanto fosse usato lo spato islandese” ai tempi dei vichinghi. Su questo punto la fisica non può avere risposte.

Fonte – National Geographic, 14 novembre 2011

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