Il “Verme Mongolo della Morte”, analisi e storia di un criptide misterioso

di Enrico Baccarini©

e.baccarini@gmail.com

Non è frutto della fantasia umana, nè tantomeno una nuova forma di marketing virale tesa a pubblicizzare qualche nuovo prodotto. Tradizioni e leggende plurisecolari parlano di un gigantesco vermide velenoso che vivrebbe sotto le sabbie del Gobi, uccidendo le sue ignare vittime con una potente scossa elettrica o sputandogli una sostanza altamente acida addosso. Adam Davies sono ormai diversi anni che cerca una soluzione a questo enigma, stabilendosi nelle solitudini desertiche alla ricerca del Verme Mongolo della Morte.

Secondo le tradizioni locali e i pochi dati ad oggi recuperati si tratterebbe di un verme lungo fino a 1.5 metri che vivrebbe in questo vasto e inospitale deserto, motivo per cui ad oggi non sarebbe stato ufficialmente identificato.

Tra le principali fonti ’storiche’ che ce ne rendono testimonianza storica troviamo le tribù del Gobi, e soprattutto mongole, che chiamano la creatura ”allghoi khorkhoi” o verme intestino per la sua somiglianza con un intestino di vacca. Di colore apparentemente rosso, si afferma che in alcuni casi siano stati osservati degli uncini ai lati della bocca. Le tradizioni locali affermano che l’allghoi khorkhoi è un animale estremamente pericoloso che spruzza sulle sue vittime un veleno corrosivo e sarebbe capace di scaricare una dose altrettanto letale di elettricità, anche a distanza di qualche passo.

Il primo riferimento storico riguardo la presenza della creatura è del Professore Roy Chapman Andrew, nel suo libro del 1926 On The Trail of Ancient Man, sebbene il paleontologo americano non fosse più di tanto convinto dell’esistenza del criptide dopo averne ascoltato le storie ad una riunione degli ufficiali mongoli: “nemmeno uno dei presenti aveva mai visto la creatura, ma tutti credevano ciecamente nella sua esistenza e lo descrivevano minutamente”.



Si tratta semplicemente di un mito?
Internet ha permesso una larga fruizione delle informazioni, non mancano quindi numerosi riferimenti all’essere (anche se in Italia ad oggi non vi è un sito che ne parli). Circolano numerose storie sulla creatura, tutte da verificare, ma quantomeno coerenti e apparentemente affidabili per le loro fonti e credenziali. Da una lettura delle stesse si comprende come i mongoli siano così spaventati da questo verme da stendere in merito un ampio silenzio o sporadici commenti.



Investigazioni

Tra gli studiosi che si sono interessati alla vicenda troviamo il ceco Ivan Mackerle, che nel giugno del 1991 aggiunse, sulla nota rivista Fate Magazine il dettaglio, ottenuti dai resoconti delle popolazioni mongole, inerente una forma di elettrocuzione che il vermide impiegherebbe per uccidere le sue vittime. Lo zoologo britannico Karl Shuker ha portato l’animale all’attenzione del grande pubblico nel suo libro Unexplained, (1996) seguito dal successivo testo Fortean Studies attribuendo all’essere l’appartenenza alla categoria degli anfisbenidi, un sottordine dei rettili dal corpo vermiforme e appartenente all’ordine degli squamati.


Una spedizione del 2005 coordinata e organizzata dal Centre for Fortean Zoology e da E-Mongol ha investigato e ricercato testimonianze sulla creatura. Non hanno trovato evidenze della sua esistenza ma, come molti altri, hanno ampliato la mole dei resoconti e di storie che ne parlano. Nel 2006–2007 è stata effettuata una seconda spedizione organizzata per la serie televisiva Destination Truth mentre il reporter della televisione
neozelandese David Farrier (del canale TV3 News) ha compiuto una spedizione nell’agosto del 2009 i cui esiti non sono ancora noti.


Il già citato esploratore ceco Ivan Mackerle ha compiuto due spedizioni alla ricerca dell’allghoi khorkhoi. L’esito delle sue ricerche è stato interessante, nessun corpo ma sono state raccolte centinaia di descrizioni e storie dai locali che tenderebbero quantomeno a rendere plausibile l’esistenza dell’essere. Secondo le informazioni ottenute il verme della morte è visibile solo nei mesi più caldi (giugno, luglio e agosto) mentre negli altri periodi dell’anno andrebbe sottoterra in una sorta di letargo. Dalle storie dei locali si apprende che il verme verrebbe allo scoperto sopratutto dopo la pioggia quando cioè la sabbia diventa umida.

Il mondo accademico vede ancora con scetticismo l’esistenza di questo essere soprattutto per le considerevoli dimensioni con cui è stato descritto. Come sappiamo il mito e la leggenda tendono a modificare gli eventi, in quel naturale percorso di elaborazione proprio della nostra specie e della nostra mente.

Come nel caso del celacanto, dichiarato estinto da milioni di anni, non è possibile bandire migliaia di resoconti, leggende e tradizioni su questo essere con la semplice etichetta di ‘impossibilità‘. Un animale con queste caratteristiche può costituire un residuato, o una mutazione, di qualche antichissima forma di verme come anche una nuova specie non ancora identificata. Gira da tempo su internet una foto di un possibile cadavere dell’essere, la fonte è ignota e non si hanno notizie sulla sua attendibilità. La riproponiamo per correttezza d’informazione, la parola fine però non è ancora stata posta su questa affascinante leggenda.


Attualmente è in corso di post produzione un documentario su questo enigmatico criptide, rimandiamo i lettori interessati a questo LINK per maggiori informazioni.


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