Anatomia di un complotto. Tratto da ‘Il Cimitero di Praga’ di Umberto Eco
In principio fu il Monte del Tuono, dove uno Sconosciuto spinse un’assemblea di massoni a deporre i reali di Francia… Forma universale di ogni intrigo, dossier, congiura. Sulla quale indaga il nuovo romanzo del grande scrittore
“Il cimitero di Praga” è il titolo del nuovo romanzo di Umberto Eco, in uscita in questi giorni con Bompiani. Ne anticipiamo alcune pagine, in cui il protagonista-narratore racconta la sua lettura di “Giuseppe Balsamo” di Alexandre Dumas
Dumas vede in Cagliostro, ovvero Giuseppe Balsamo, colui che ha coscientemente organizzato non una truffa bensì un complotto politico all’ombra della massoneria universale. Ero affascinato dall’ouverture del romanzo “Giuseppe Balsamo”. Scena: il Mont Tonnerre, il monte del Tuono. Sulla riva sinistra del Reno, a poche leghe da Worms, inizia una serie di lugubri montagne, il Seggio del Re, la Rocca dei Falconi, la Cresta del Serpente e, più elevato di tutti, il monte del Tuono.
Il 6 di maggio del 1770 (quasi vent’anni prima dello scoppio della fatidica Rivoluzione), mentre il sole discendeva dietro la guglia della cattedrale di Strasburgo, che quasi lo divideva in due emisferi di fuoco, uno Sconosciuto veniva da Magonza e stava salendo le pendici di quel monte, a un certo punto abbandonando persino il suo cavallo. D’improvviso veniva catturato da alcuni esseri mascherati che, dopo averlo bendato, lo conducevano al di là della selva in una radura dove lo attendevano trecento fantasmi avvolti in un sudario e armati di spada, che iniziavano a sottoporlo a un interrogatorio fittissimo.
Cosa tu vuoi? Vedere la luce. Sei pronto a giurare? E via a una serie di prove, come bere il sangue di un traditore appena ucciso, spararsi alla testa con una pistola onde provare il proprio senso dell’obbedienza, e fanfaluche dello stesso genere, che evocavano rituali massonici di infimo ordine, ben noti anche ai lettori popolari di Dumas, sino a che il viaggiatore decideva di tagliar corto e di rivolgersi con alterigia alla congrega, mettendo in chiaro che ne conosceva tutti i riti e i trucchi, e che quindi la smettessero di fare teatro con lui, perché lui era qualcosa di più di tutti loro, e di quella congrega massonica universale era il capo per diritto divino. E chiamava per porli al suo comando i membri delle logge massoniche di Stoccolma, di Londra, di New York, di Zurigo, di Madrid, di Varsavia, e di vari paesi asiatici, tutti ovviamente già accorsi sul monte del Tuono.
Perché i massoni di tutto il mondo si erano lì congregati? Lo Sconosciuto ora lo spiegava: domandava la mano di ferro, la spada di fuoco e le bilance di diamante per cacciare l’Impuro dalla terra, ovvero avvilire e distruggere i due grandi nemici dell’umanità, il trono e l’altare (il nonno mi aveva pur detto che il motto dell’infame Voltaire era écrasez l’infame). Lo Sconosciuto ricordava quindi che egli viveva, come ogni buon negromante dell’epoca, da millanta generazioni, prima di Mosè e forse di Assurbanipal, ed era venuto d’Oriente ad annunciare che l’ora era giunta. I popoli costituiscono una immensa falange che marcia incessantemente verso la luce, e la Francia di questa falange era all’avanguardia. Che si mettesse nelle sue mani la torcia vera di questa marcia e che essa incendiasse il mondo di nuova luce.
In Francia regnava un re vecchio e corrotto, cui spettavano ancora pochi anni di vita. Anche se uno dei convenuti – che poi era Lavater, l’eccelso fisionomista – aveva tentato di far notare che il viso dei suoi due giovani successori (il futuro Luigi XVI e sua moglie Maria Antonietta) rivelavano un’indole buona e caritatevole, lo Sconosciuto (nel quale i lettori dovrebbero aver probabilmente riconosciuto quel Giuseppe Balsamo che nel libro di Dumas non era ancora stato nominato) ricordava che non si doveva badare a umana pietà quando si trattava di fare avanzare la torcia del progresso. Entro vent’anni la monarchia francese doveva essere cancellata dalla faccia della terra.
E a questo punto ogni rappresentante d’ogni loggia di ogni paese si era fatto avanti offrendo o uomini o ricchezze, per il trionfo della causa repubblicana e massonica all’insegna del lilia pedibus destrue, calpesta e distruggi i gigli di Francia. Non mi ero domandato se il complotto di cinque continenti non fosse troppo per modificare l’assetto costituzionale della Francia. In fondo, un piemontese dell’epoca riteneva che al mondo esistessero solo la Francia, certamente l’Austria, forse lontano lontano la Cocincina, ma nessun altro paese degno d’attenzione, tranne ovviamente lo Stato Pontificio. Di fronte alla messa in scena di Dumas (venerando io quel grande autore) mi domandavo se il Vate non avesse scoperto, nel raccontare di un solo complotto, la Forma Universale di ogni complotto possibile.
Dimentichiamo il monte del Tuono (…) e l’epoca – mi dicevo.
Pensiamo a congiurati che provengano da ogni parte del mondo a rappresentare i tentacoli della loro setta protesi in ogni paese, raduniamoli in una radura, in una grotta, in un castello, in un cimitero, in una cripta, purché sia ragionevolmente buio, facciamo pronunciare da uno di loro un discorso che ne metta a nudo le trame, e la volontà di conquistare il mondo… Io ho sempre conosciuto persone che temevano il complotto di un qualche nemico occulto, gli ebrei per il nonno, i massoni per i gesuiti, i gesuiti per mio padre garibaldino, i carbonari per i re di mezza Europa, il re fomentato dai preti per i miei compagni mazziniani, gli Illuminati di Baviera per le polizie di mezzo mondo, e via, chissà quanta altra gente c’è ancora a questo mondo che pensa di essere minacciata da una cospirazione. Ecco qua una forma da riempire a piacere, a ciascuno il suo complotto.
Fonte – L’Espresso, 28 ottobre 2010
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