La Pieve di Santa Maria ad Lamulas a Montelaterone
Adriano Gaspani
I.N.A.F. – Istituto Nazionale di Astrofisica
Osservatorio Astronomico di Brera – Milano
adriano.gaspani@brera.inaf.it
Nota del webmaster: Questo elaborato è un estratto di un più ampio lavoro condotto dal prof. Gaspani sull’argomento. Per una adeguata comprensione del presente studio, si suggerisce di leggere la serie di articoli a tema “Elementi di Archeoastronomia” e “L’Orientazione astronomica delle chiese romaniche“, presenti in questo sito nella sez. Archeoastronomia, scritti del prof. A. Gaspani.
Il territorio posto in Maremma tra i paesi di Montelaterone ed Arcidosso mostra la presenza di alcune chiese romaniche tra le quali spicca per la sua importanza storica ed archeologica la pieve di Santa Maria ad Lamulas posta alle pendici del Monte Amiata. L’edificio chiesastico ha subito nei secoli svariati restauri che ne hanno variato l’aspetto esterno, soprattutto la facciata, forse anche quello interno e planimetrico, ma che non hanno assolutamente modificato la sua orientazione rispetto alle direzioni astronomiche fondamentali, la quale codifica ancora attualmente pressoché intatte le informazioni relative ai criteri astronomici seguiti dai edificatori in epoca altomedioevale. Lo scopo di questo lavoro è quindi di mettere in evidenza quanto risultato dall’analisi dell’orientazione della chiesa, eseguita in un’ottica di tipo archeoastronomico sulla base delle misure di posizione e di orientazione eseguite utilizzando le moderne tecniche di tele-rilevamento basate sull’analisi delle immagini riprese dai satelliti artificiali in orbita intorno alla Terra.
La Pieve di Lamula
Notizie storiche ed archeologiche intorno alla Pieve di Santa Maria ad Lamulas
La chiesa di Santa Maria ad Lamulas sorse come cella, ossia come filiale, dell’Abbazia di San Salvatore al Monte Amiata agli inizi del IX secolo, in una zona particolarmente ricca di risorse, quali la vicinanza del fiume Ente, la presenza di boschi di castagno e di terreni argillosi coltivabili. Nel Medioevo l’edificio religioso si trovava vicino al villaggio di Lamule (da quì deriva l’appellativo a Lamula) e del quale non rimane alcun resto visibile. Il villaggio di Lamule era detto anche di Lama (stagno o palude in latino medievale) in quanto sorgeva su una zona resa acquitrinosa dal ristagno dell’acqua piovana. La prima attestazione documentaria di Santa Maria risale all’853 e si trova in una pergamena in cui l’imperatore Lotario II conferma la sua proprietà all’Abbazia di San Salvatore al Monte Amiata.
Nel corso del IX e del XI secolo l’importanza della pieve come centro economico e amministrativo crebbe, come ci testimonia un documento datato 14 settembre 892 in cui viene citato un mercato sabatino o annuale che si svolgeva nei pressi dell’edificio religioso. Da ricollegare a questa crescita di importanza è anche il riconoscimento della chiesa di Santa Maria a Lamula come pieve battesimale da parte di papa Gregorio V nel 996. Nel corso dell’XI secolo, proprio mentre Lamula è all’apice del suo potere, si manifestano i primi sintomi di un mutamento nella forma di amministrazione e di insediamento, ciò porterà al declino delle pievi come centro di aggregazione della popolazione a favore di nuovi villaggi fortificati]. Nel caso di Santa Maria a Lamula venne costruito su iniziativa del Monastero di San Salvatore il villaggio fortificato di Montelaterone, che piano piano assorbirà la popolazione dal villaggio che era sorto intorno alla pieve. A partire dal 1070 nei documenti Santa Maria a Lamula non viene più associata con un centro abitato, ma viene citata solo come pieve. Nonostante la perdita di importanza del centro, il mercato continuerà a tenersi vicino la chiesa almeno fino almeno fino alla metà del duecento, come testimoniano due documenti datati 1240 e 1249. Nel 1264 le truppe di Siena, che erano in lotta con gli Aldobrandeschi, invasero la zona e incendiarono la chiesa di Santa Maria di Lamula e tutte le case vicine.
La chiesa venne restaurata nel 1268 (non si sa se venne totalmente ricostruita o solo in parte), come testimonia un’iscrizione realizzata sul primo pilastro a destra dell’ingresso e che tradotta suona così: «Nell’anno del Signore 1268 nel mese di giugno al tempo del re Carlo Paganuccio fece sì che questa opera fosse portata a termine». Il re Carlo riportato sull’iscrizione era Carlo I d’Angiò, che ricevette nel 1265 dal papa l’investitura del Regno di Sicilia. Pur non essendo egli padrone di tutta l’Italia, il suo nome era nella bocca e nel pensiero di molti, e questo giustifica il fatto che sia stato citato nell’iscrizione. Santa Maria a Lamula continuò ad essere utilizzata come pieve fino al Cinquecento, quando il fonte battesimale venne spostato nella chiesa di San Clemente a Montelaterone. Dopo questo periodo Santa Maria a Lamula venne utilizzata come oratorio. Recenti indagini geologiche, effettuate con georadar e laserscanner hanno permesso di evidenziare la presenza di “anomalie” in determinati punti del pavimento della chiesa, ad una profondità di circa 1 metro.
La pieve è legata ad una leggenda secondo cui una mula si inginocchiò davanti al portale della pieve, per rendere omaggio alla statua della Madonna, lasciando miracolosamente le sue impronte sulla pietra. Le impronte delle ginocchia della mula sono ancora oggi visibili sulla pietra di fronte all’ingresso. Le indagini storiche ed archeologiche in relazione alla Pieve di Santa Maria ad Lamulas sono state portate avanti negli ultimi anni da Claudia Cinquemani Dragoni a cui dobbiamo le seguenti notizie storiche. La studiosa ha per lo più esaminato tutti i documenti disponibili che hanno a che fare con l’edificio di culto oggetto del presente studio archeoastronomico.
La Pieve di Lamula si trova sul versante occidentale del Monte Amiata poco distante dal Paese di Montelaterone ai margini di un castagneto secolare che già nell’anno 892 fu teatro di un florido mercato sabatino soppresso poi nel 1264. La chiesa è nominata per la prima volta in una copia di un Privilegio dell’Imperatore Ludovico II, come “cellam S.Mariae ad Lamulas”.
Nel 1027 Corrado II conferma al Monastero di San Salvadore la “curtem et plebem S. Mariae in Lamula cum castrum in Montelatronum”. Nel 1264 un incendio distrugge l’edificio che viene ricostruito nel 1268 ad opera forse di un tal “Paganuccius” del quale fa menzione l’iscrizione latina posta all’interno della Chiesa. Nel tempo alcuni rifacimenti grossolani e di dubbio gusto architettonico, realizzati a seguito di crolli ed instabilità della struttura, privarono la Chiesa di gran parte dello stile originario. Le pareti interne dell’edificio vennero rivestite di intonaco, il pavimento venne rialzato ed venne aggiunto un altare in stile barocco.
La facciata venne interamente ricostruita alla fine del secolo scorso nello stile di altre Pievi Toscane del Mugello e della Garfagnana. La torre campanaria venne ricostruita “trovandosi in origine quadrata e di struttura gotica sbassata”. Nel Novembre dell’anno 1935 il sacerdote Nello Tiberi che aveva in cura la Chiesa, comunica la notizia, alla Soprintendenza ai Monumenti di Siena, dell’inizio dei lavori di ripristino dello stile originario e del consolidamento delle parti in degrado. Le pareti vengono liberate dal vecchio intonaco che le ricopriva rivelando due aperture a monofora, una porta con architrave scolpito e lunetta affrescata. Viene abbattuto l’altare barocco e ribassato il pavimento del transetto fino a portare alla luce le basi delle colonne. Sono ricostruite quasi interamente due delle tre absidi e consolidate le colonne ed i piedritti. Alcuni storici sostengono che in Lamula tra l’anno 1267 e l’anno 1270, sostarono i Cavalieri Templari che si adoperarono per il restauro della Chiesa devastata dall’incendio del 1264.
In effetti all’interno dell’edificio si notano alcune croci cerchiate ed una croce linguata scolpita su una pietra, posta al centro dell’altare principale reinserita capovolta rispetto alla sua naturale posizione. Pare piuttosto che l’ edificio sia stato un luogo di sosta “materiale e spirituale” più che una Chiesa Templare vera e propria. In effetti non esiste al momento alcun documento conosciuto che attesti l’appartenenza di Lamula all’Ordine del Tempio. La vicinanza alle principali vie di pellegrinaggio e di commercio del Medioevo potrebbe invece aver favorito soste di fortuna per i membri di questo importante e affascinante Ordine.
La struttura interna della Pieve
L’interno della Chiesa è suddiviso in tre navate separate da colonne a struttura circolare e quadrata che sorreggono la copertura a capriate lignee. L’accesso al presbiterio è segnato da due pilastri sui quali si appoggiano gli archi di sostegno della copertura delle tre absidi con le quali termina la Chiesa. L’edificio misura circa 16,20 m. di larghezza, 24,90 m. di lunghezza. Entrando all’interno della Pieve di Lamula, lo sguardo è catturato dal secondo pilastro in sezione circolare posto alla sinistra della navata centrale. Una serie di bozze di trachite nera disposte a spirale, crea un contrasto cromatico con il resto della pietra grigia di cui è costituito gran parte dell’edificio.
La colonna è posta a sinistra che è anche il lato Nord della Chiesa, la parte del Tempio dove le tenebre si trattengono per la maggior parte del tempo. «Aquilo diabolus vel homines infideles aut mali; Auster Spiritus Sanctus, calor fidei ». La colonna della Pieve in Lamula è una indicazione per il fedele, la sua funzione simbolica è la spirale quadrata, rievocazione del labirinto. Simbolo di ascesa e discesa, passaggio da un livello inferiore ad un altro di natura più elevata è transizione da materia a non materia, da dimensione fisica a spirituale. Essa ci indica anche lo svolgimento delle sequenze plastico scultoree presenti nella chiesa: i motivi si “leggono” da sinistra verso destra, seguendo il moto apparente del Sole sulla Sfera Celeste, in senso opposto a quanto avviene rispetto a Sant’Antimo che essendo provvista di deambulatorio aveva l’esigenza pellegrina di percorrere gli absidi girando in senso antiorario intorno alla cripta che custodiva le Sacre Reliquie.
“La colonna che fa da mediatore fra la base del tempio e il soffitto cioè fra il Cielo e la Terra, assolve simbolicamente un compito di conciliazione geometrica fra razionale e irrazionale con le sue proporzioni, i suoi ritmi”. La colonna quindi simbolicamente rappresenta l’Axis Mundi. Nella monofora dell’abside destra della Chiesa si sviluppa un fregio a zig zag nella forma di arco detto“angioino”. Tra gli apparati plastici inseriti all’interno della Chiesa, sono evidenti delle incongruenze stilistiche che permettono di ipotizzare la presenza di elementi provenienti da una cella primitiva, fatto peraltro molto frequente nel Medioevo. Solitamente si conservavano pietre dell’edificio originario che venivano inserite in seguito nella nuova Chiesa. Generalmente venivano scelte delle pietre incise o scolpite e alcune erano poste capovolte a significare la semina del Sacro, per questo venivano chiamate “Pietre Seme”.
Un capitello presenta due volti diversi: uno scolpito sullo stesso materiale del resto del capitello, il secondo eseguito su altro materiale con dimensione e stile diversi. In rapporto al naturalismo, all’idealismo e al realismo, lo stile degli elementi plastici presenti nella Pieve ad Lamula, appare tutto l’opposto: irrealismo, astrazione, innaturalità delle immagini. Caratteristiche che offrono spunto alla critica che tende a definire questo genere architettonico come il frutto di un “Romanico Toscano Minore”, pessima imitazione delle più note testimonianze del Romanico Lombardo, privandolo così di un’individualità propria che invece deve assolutamente primeggiare come testimonianza del passaggio e della permanenza nella nostra terra di culture transalpine e orientali i quali culti sono stati tramandati nella tradizione popolare. Il capitello del semipilastro addossato alla parete terminale a sinistra presenta due teste d’Ariete. I due capitelli che si trovano a lati dell’altare recano scolpiti due cavalieri che combattono contro le fiere.
Nel capitello di sinistra a lato del cavaliere si può osservare un “giocoliere” rappresentazione frequente nel romanico. Secondo alcuni autori i giocolieri rappresentavano nel Medioevo il peccato del mondo esterno e pertanto era loro vietato l’ingresso nelle chiese e venivano sepolti in luoghi sconsacrati. Il giocoliere di Lamula, afferra la lancia che il cavaliere brandisce per allontanare la belva simbolo del male e volta lo sguardo verso il Nord regno delle tenebre. Il capitello alla destra presenta accanto al cavaliere un piccolo cane posto nel lato superiore destro. Il carattere di questa rappresentazione dove l’animale è di piccole dimensioni e disposto al di sopra del protagonista della scena. Un capitello mostra un quadrupede che per la sua particolare forma è stato paragonato ad un rilievo presente in una chiesa romanica dell’Alvernia.Intrecci in stile celtico e longobardo fanno da cornice all’architrave posto sopra la porta che si trova lungo la navata sinistra.
Al di sopra dell’architrave è collocata una lunetta affrescata che reca dipinti due simboli. Uno di essi rappresenta il fiore della vita inscritto in un cerchio con i suoi sei petali separati da piccole sfere. L’altro rappresenta un cerchio all’interno del quale, lungo tutto il suo diametro sono riprodotti otto piccoli cerchi uguali attorno ad un nono cerchio centrale. Ritroviamo gli stessi simboli incisi nella pietra, sul portale laterale del Duomo di Sovana. Tra i due simboli trovano spazio due graffiti: un monte a sette colli sovrastato da una croce templare inscritta in un cerchio. I capitelli dei due piedritti dai quali prende l’avvio l’impianto absidale, presentano dei motivi plastici di particolare interesse simbolico. In uno di essi è scolpito un motivo ad intreccio vimineo sormontato da foglie d’acqua e sfere frequente anche in Sant’Antimo.
Visitando la Pieve, ci si rende conto dell’importanza delle parole dello storico Mircea Eliade: ”Prima che i muratori depongano la prima pietra, l’astronomo mostra loro il punto dove deve essere collocata e questo punto deve trovarsi sopra il serpente che sostiene il mondo. Il capo muratore affila un picchetto e lo introduce nel suolo, esattamente nel punto indicato, con lo scopo di immobilizzare la testa del serpente…”. In effetti la Pieve pare che sorga proprio sul “serpente” la cui forza e valore simbolico regnano sul luogo. In un pilastro infatti, è rappresentato un serpente le cui spire formano tre anse sovrastate da un motivo a tre nastri che si incrocia tre volte a formare quattro “mandorle”.
Il serpente che con le sue spire disegna tre spazi, è in stretta relazione con il Rito del Battesimo. Secondo i dettami della liturgia antica il neofita veniva immerso tre volte nell’acqua a significare i tre giorni della deposizione di Cristo nel sepolcro. In altro modo si praticava il triplice esorcismo per mettere in fuga il Demonio utilizzando acqua benedetta. Il serpente è simbolicamente attributo della Dea Madre e legato alle acque sotterranee che scorrono al di sotto dell’edificio Sacro. In effetti il nome “Lamula” potrebbe derivare da “piccola Lama” o corso d’acqua. Poco distante corre nel suo letto il fiume Ente che scaturisce tra le rocce trachitiche ad occidente del Monte Amiata e alla destra della Pieve sgorga una fonte detta “del Diavolino”.
Nel suo significato esoterico il serpente trasmette tramite il suo soffio il dono dell’Ascolto e della Conoscenza, l’Ar-got, il “linguaggio degli uccelli”. Dall’antico Egitto, verrà poi assorbito dalla religione cristiana nel rito dell’ Effetà presente ancora oggi nel Battesimo mantenendo così tale soffio portatore di Conoscenza indissolubilmente legato all’acqua. Sul Monte Amiata come in tutta la Toscana sopravvive ancora oggi la leggenda del Serpe Regolo (da regulus = piccolo re) che provvisto di ali si pone a guardia delle fonti, reminiscenza di antiche leggende di origine germanica dove il serpe-drago custodisce oro e preziosi nelle viscere della terra.
Nel pilastro di Lamula al di sopra del Serpente è scolpito il triplice nastro che forma quattro spazi che ricordano il numero della Terra. L’accostamento tra nastro e serpente significa la progressione dal quattro al tre, dalla terra al cielo, dal corpo allo spirito. Autorevoli studi antropologici mettono in evidenza come il Culto Ofitico sia una costante di tutte le culture indigene. Per i nativi americani e gli Indù esso è associato al potere del Sole. Un altro simbolo interessante presente in Lamula è una piccola lepre scolpita su un capitello. E’ uno dei simboli della Dea nordica Eostre e fu menzionata per la prima volta dal Venerabile Beda monaco e storiografo, nel suo De Temporum Ratione (679-735), dove fu messa in relazione alla primavera e alla fertilità dei campi. Il Grimm, noto studioso di mitologia nordica, nel suo Teutonic Mythology descrive Eostre come una divinità pagana portatrice di fertilità e la collega alla luce dell’Est e in particolare all’Equinozio di Primavera che era chiamato dai popoli germanici “Eostur-Monath” e successivamente “Ostara”.
La Festa della Pina
Ciò che nei rituali sacri è andato perduto, come spesso accade, sopravvive nelle tradizioni ed è così che nel caso della Pieve ad Lamula permane una ricorrenza dal sapore pagano. La prima domenica dopo la Pasqua si festeggia la Festa della Pina che in passato si celebrava il primo giorno di Maggio che era anche il mese sacro a Maia, madre di Mercurio e sposa di Vulcano. I ragazzi per questa ricorrenza dichiarano il loro legame d’ amore alla comunità, recando un bastone sul quale svetta una pina, mentre le ragazze ricambiano il dono con “il corollo”: una ciambella dolce. Appare molto chiaramente una probabile memoria storica della festa celtica di Bealtaine che veniva celebrata proprio nei primi giorni di Maggio. Il bastone con la pina infilzata è un evidente richiamo ai culti dionisiaci, ma anche celtici pre-cristiani. Il Tirso attributo di Dioniso è infatti un bastone sulla cima del quale si trova un un ramoscello di sempreverde: pino, pigna, vite, edera. L’ evidente emblema sessuale maschile si intreccia con quello femminile rappresentato dal dolce a forma di ciambella recato in dono dalle ragazze. La stessa data del primo di Maggio che era anche la Festa celtica di Beltane rimanda ai culti delle acque e del serpente. Il primo Maggio si celebrava il culto di Belenus Dio solare e Guaritore. Nel silvano territorio amiatino l’Acqua e il Serpente, la Vita e la Conoscenza si fondono così in Eterno abbraccio nella Pieve di Lamula.
La possibile presenza Templare a Lamula
La Pieve di Lamula è stata una residenza Templare? A tale domanda rispondono positivamente alcuni autorevoli ricercatori e negativamente altri.
Nell’area del Monte Amiata, dopo le ricerche recenti effettuate da Giovanni Cannavale e Maurilio Toninelli, il riscontro positivo arriva dagli esperti come Claudia Cinquemani, senz’altro una delle più sensibili e appassionate studiose delle vicende che nei secoli hanno coinvolto la Pieve di Santa Maria ad Lamulas.
Ma quali e quanti sono i segni dei templari a Lamula?
«Le grance ed i mercati, la posizione “di transito” lungo le principali vie di pellegrinaggio che sappiamo essere per l’area amiatina la Francigena, la Clodia e la via sacra Michelita, possono concorrere ad evidenziare le presenze templari nel territorio. Per ciò che riguarda la Pieve, già il titolo originario “Cella di Santa Maria” e la dipendenza dall’Abbazia di San Salvatore retta in origine dai monaci benedettini e poi dai cistercensi di Bernardo di Chiaravalle, può essere un altro indizio a favore. Si potrebbe, poi, analizzare il sito sotto un’ ottica “iniziatica” valutando la posizione dei luoghi di culto, i loro titoli, le date di fondazione, i giochi di luce, l’ orientamento, i simboli, e non ultima la corrispondenza astronomica».
Dunque Santa Maria di Lamula fu una possibile Domus templare?
In teoria potrebbe tranquillamente essere stata una Casa del Tempio dipendente dall’ Abbazia di San Salvatore. Lamula contiene tracce iconografiche templari simili a quelle che si rilevano a Sovana: il fiore della vita, i simboli legati al culto delle acque e al femminino sacro, oppure i volti o protomi. Più che chiesa templare essa potrebbe considerarsi una probabile “Stazione di Posta”, poiché posta nella vicinanza di antiche vie di pellegrinaggio e perché proprio davanti alla chiesa sorgeva un importante mercato sabatino. Alla luce di nuovi elementi di recente scoperti si potrebbe anche ipotizzare un’appartenenza templare della Pieve, almeno per un certo periodo. Nell’edificio vi è la presenza della nicchia-reliquiario posta nel deambulatorio dietro all’altare sopra la quale troneggia il graffito di una bellissima croce patente.
Possiamo ammirare una croce cosmogonica a braccia uguali (inscritta in un ovale) incisa sul pilastro di sinistra accanto all’entrata così simile a quella presente sulla Chiesa di Santa Maria a Sovicille vicino Siena, documentata templare, ma soprattutto esisterebbe un altro indizio a favore: sappiamo che la Chiesa venne distrutta da un incendio nel 1264 e che un certo Paganuccio, magister lapideo si adoperò per riportarla agli antichi splendori nel 1268. In questo periodo era XX Gran Maestro dell’Ordine del Tempio, Tommaso Berardi che era l’ unico Gran Maestro italiano accertato e del quale abbiamo testimonianza. Questo fatto ci permette di supporre che i finanziamenti per la ricostruzione di Lamula potrebbero essere arrivati dai Cavalieri Templari per ordine di un Maestro Templare. La Pieve di Lamula si trova in un segmento di “via sacra” che costituiva un’ansa della Francigena e questo potrebbe costituire un elemento significativo. La Pieve di Lamula non soltanto si trova su una diramazione che conduceva alla via Francigena, ma è posta su una linea Sacra sconosciuta ai più. Il ricercatore Flavio Vettore ha rilevato che la gran parte dei luoghi interessati dalle apparizioni mariane e quelli intimamente connessi ad altre divinità, si distribuiscono in una fascia che avvolge la terra tra i 39º ed i 43º di latitudine Nord. Proprio sul limite superiore di tale fascia si collocano i luoghi della Maremma interessati dai culti di chiaro richiamo alla Dea Madre: Montelaterone, Santa Fiora, Fiume Fiora anticamente detto Armenta, chiese intitolate alla Madonna delle Nevi o Fonti considerate sacre e curative.
Poco lontano dalla Pieve ad Lamula passava l’ antica Via Sacra Michelita che da Mont Saint Michael raggiungeva la Sacra di San Michele in Val di Susa, toccava la Rotonda di Montesiepi e piegava verso Cinigiano e Santa Fiora per poi raggiungere Monte Sant Angelo sul Gargano, l’isola di Symi in Grecia e giungendo a Gerusalemme.
Le immagini da satellite
Della porzione di territorio comprendente la pieve di Santa Maria ad Lamulas esistono molte immagini riprese da diversi satelliti artificiali in orbita intorno alla Terra tra il 2001 ed il 2010. La disponibilità di molte immagini riprese in tempi diversi è rappresenta un consistente vantaggio in quanto i differenti satelliti sono caratterizzati da differenti angoli di ripresa rispetto alla direzione nadirale quindi è possibile stimare con buona approssimazione gli errori derivanti dagli effetti dell’angolo di “swath”[1] il quale rappresenta il contributo di maggiore entità all’errore di valutazione degli azimut astronomici di orientazione eseguiti analizzando le immagini tele rilevate. E’ stato così possibile elaborare separatamente i vari insiemi di immagini ottimizzando su ciascuna di esse una serie di misure indipendenti dell’azimut astronomico di orientazione dell’asse della navata e poi si è proceduto a confrontare i risultati ottenuti.
Uno degli effetti dell’errore di “swath” è proprio quello di deformare il profilo dell’edificio chiesastico stirandola nella direzione ortogonale al moto orbitale del satellite. Questo errore è molto dannoso quando si studia la geometria e l’orientazione di un manufatto archeologico sul terreno e sia una rigorosa georeferenziazione ed una altrettanto rigorosa georettificazione delle immagini sono necessarie prima di procedere alla misura delle dimensioni lineari e degli angoli di azimut delle linee astronomicamente importanti presenti nel sito.
In particolare è stato possibile esaminare le immagini riprese nel 2006 che sono disponibili gia georeferenziate e georettificate in modo da essere trasformate in ortofotocarte, su cui è stato possibile eseguite accuratamente le misure di orientazione dell’asse della chiesa rispetto alla direzione nord del meridiano astronomico locale con l’obbiettivo di ricostruire la metodologia applicata in fase progettuale e nella successiva fase di realizzazione dell’edificio e di riconoscere il criterio astronomico di orientazione applicato dai costruttori.
Georeferenziazione
La posizione geografica della Pieve di Santa Maria in Lamulas derivata utilizzando le ortofotocarte ottenute dalle immagini satellitari è la seguente:
LAT = 45° 52’ 53”,3 N
LON = 11° 31’ 25”,4 E
ALT = 581 mt.
riferita all’ellissoide geocentrico standard di riferimento WGS84 e nota con un’incertezza media globale lineare dell’ordine di 30 cm la quale corrisponde alla incertezza di posizionamento spaziale della chiesa. L’incertezza sulla quota è maggiore, come usualmente accade nel caso del rilievo satellitare.
Rilievo dell’orientazione della navata
La direzione di orientazione della navata principale rispetto alle direzioni astronomiche fondamentali è stato ottenuto sulla base dell’analisi delle immagini georeferenziate (ortofotocarte) attenute da satellite. Le misure di orientazione ottenute sono state trattate eseguendo la media pesata di molte determinazioni indipendenti di azimut astronomico eseguite sulle immagini digitali georeferenziate e georettificate.
Il risultato finale è stato che l’asse della navata è orientato secondo un azimut astronomico medio pesato pari a 75°,5 rispetto alla direzione nord del meridiano astronomico locale, con un’incertezza pari a ±0°,5; questo valore è quindi quello su cui basare l’indagine archeoastronomica con l’obbiettivo di mettere in evidenza i criteri adottati in fase di progetto e di edificazione della antica pieve di Santa Maria ad Lamulas.
Il profilo dell’orizzonte naturale locale
Lo studio archeoastronomico dei siti archeologici, compresi gli antichi edifici chiesastici, ha mostrato in maniera molto frequente l’orientazione degli assi della navate verso il punto di levata del Sole all’orizzonte naturale locale di sfondo in corrispondenza di talune date liturgicamente e tradizionalmente importanti per le comunità locali poste nel territorio dove la chiesa sorge. Quando questo avviene, nel sito non si rilevano particolari dispositivi di traguardo, ma veniva stabilito molto accuratamente il cosiddetto “punto di stazione” cioè il punto dove si posizionava colui che eseguiva le osservazioni astronomiche necessarie ad orientare l’edificio. Anche nel caso della Pieve di Santa Maria ad Lamulas è avvenuto questo e la posizione più probabile per tale punto sembra essere stato il centro geometrico dell’emiciclo absidale. Questo rende indispensabile un’accurata conoscenza del profilo dell’orizzonte naturale locale di sfondo nella segmento orientale dell’orizzonte corrispondente all’intersezione tra l’arco ortivo solare ed il prolungamento virtuale dell’asse della navata principale della Pieve.
Questo può essere ottenuto utilizzando sia le misure topografiche eseguite localmente, sia i dati DEM (Digital Elevation Model) ottenuti dalla Shuttle Radar Topographic Mission (SRTM)[2] i quali forniscono le quote altimetriche praticamente di tutta la superficie del pianeta ad intervalli di campionamento pari a 90 metri sul territorio italiano con una precisione di 2,1 metri sulla quota di ciascun punto rispetto all’ellissoide WGS84.
Con questi dati è stato possibile ricostruire molto accuratamente il profilo dell’orizzonte naturale locale tutto intorno alla Pieve di Santa Maria ad Lamulas e stabilire i punti di sorgere e di tramontare degli astri come erano visibili dalla posizione geografica della chiesa sia nel IX secolo, sia nel 1268 quando la chiesa fu riedificata dopo l’incendio che l’aveva distrutta quattro anni prima.
Il risultato del processo di sintesi è stato che l’asse della navata della chiesa interseca il profilo dell’orizzonte naturale locale di sfondo ad un azimut pari a 75°,5 e ad un’altezza angolare apparente pari a 1° rispetto alla linea dell’orizzonte astronomico locale. L’incertezza con cui tale valore è stato sintetizzato è dell’ordine di ±0°,5. Questo è un dato indispensabile e fondamentale ai fini dell’accurata analisi archeostronomica della Pieve. La situazione comunque non è così semplice come sembrerebbe in quanto non è possibile stabilire a quale altezza rispetto al piano di calpestio fu eseguita la collimazione solare per stabilire l’orientazione dell’asse della navata.
Ma non solo, dopo la riedificazione della chiesa nel 1268, le monofore absidali furono poste ad una certa altezza rispetto al piano di calpestio per cui di fatto esiste un certo margine di incertezza sulla reale altezza angolare apparente dell’orizzonte. Nemmeno sappiamo quale tipo di edificio era quello originario e nemmeno quale fu l’eventuale variazione di orientazione della chiesa del 1268 rispetto a quella precedente l’incendio la quale probabilmente non corrispondeva nemmeno alla prima edificazione.
Tutto questo si riflette sull’incertezza temporale con cui è possibile conoscere l’effettiva data corrispondente alla levata solare all’orizzonte naturale locale lungo l’asse della chiesa. Il giorno 8 Aprile corrisponde alla valutazione di maggior probabilità, ma potrebbe esistere un’incertezza di alcuni giorni. Il dato sicuro è relativo all’orientazione in rapporto alla levata del Sole all’alba della domenica di Pasqua.
Analisi archeoastronomica
Il rilievo dell’orizzonte naturale locale rappresentato dal profilo delle montagne di sfondo nella direzione orientale ottenuto per sintesi SRTM ha mostrato che l’altezza apparente dell’orizzonte naturale locale è dell’ordine dei 1° rispetto alla linea dell’orizzonte astronomico locale. Tale valore deriva dalla generazione per via sintetica del profilo orografico nella direzione orientale mediante una procedura DEM basata sui dati SRTM.
Il calcolo astronomico ha mostrato che in quella direzione nel XIII secolo era visibile la levata del Sole a Pasqua. Il target astronomico pertinente all’asse della navata della Pieve è con grande probabilità la levata del Sole nel giorno 8 Aprile 1268 che corrispondeva alla domenica di Pasqua di quel anno quindi la eventuale nuova orientazione dopo l’incendio del 1264 fu stabilita allineando a vista l’asse verso il punto dell’orizzonte naturale locale di sfondo in cui sorse il Sole all’alba della domenica di Pasqua dell’anno 1268, ma probabilmente venne mantenuta l’orientazione pasquale precedente che già era stata stabilita in origine alcuni secoli prima. La Pasqua al 8 Aprile si era verificata già negli anni 809, 820b, 882, 893, 904b, 977, 983, 988b, 1067, 1072b, 1078, 1151, 1162, 1173, 1235, 1246, 1257, 1268b. (la lettera “b” accanto all’anno indica che quel anno fu bisestile). In quella occasione il Sole nascente gettava i suoi raggi entro le monofore dell’abside principale e quelle delle absidiole laterali che tra l’altro hanno i loro assi pressoché tutti paralleli tra loro.
E’ quindi molto probabile che la fondazione del primo nucleo della Pieve sia avvenuta durante il IX secolo in uno degli anni in cui la Pasqua cadde il giorno 8 Aprile e che la direzione di levata del Sole pasquale rappresentò il criterio di orientazione della navata principale, e quindi di tutto l’edificio. Nel 1264 l’incendio distrusse l’alzato, ma non la pianta e quindi si orientò nuovamente la navata allo stesso modo della precedente fondazione avvenuta alcuni secoli prima. Nel 1268 venne probabilmente verificata la corretta orientazione all’alba del giorno 8 Aprile e poi nel mese successivo si procedette alla nuova consacrazione ufficiale nel rispetto dei canoni originali già applicati alcuni secoli prima.
L’eventuale intervento dell’Ordine Templare nel restauro non influenzò in maniera sensibile l’orientazione della navata della pieve in quanto i Templari restaurarono una chiesa preesistente, quindi non fu codificato il loro tipico criterio di orientazione astronomica, come invece avvenne nel caso delle chiese di nuova costruzione da loro edificate. Dopo aver messo in evidenza l’orientazione pasquale della Pieve di Santa Maria ad Lamulas, vediamo ora di mettere in evidenza i significati mistici associati alla direzione della levata del Sole a Pasqua che, come è noto, si celebra la domenica più vicina al primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera.
Essendo, però la data della Pasqua mobile rispetto alla data dell’equinozio a causa dei vincoli lunari, l’orientazione in accordo con la posizione del Sole nascente a Pasqua non poteva essere codificata in maniera fissa. Siccome la data della Pasqua può oscillare entro grosso modo 30 giorni oltre l’equinozio di primavera, cioè 1 mese sinodico lunare (29,5306 giorni), la differenza di orientazione rispetto alla linea equinoziale può arrivare fino a circa 18° a nord dell’est. Questo significa che orientazioni comprese tra i 72° e i 90° potrebbero essere correlate con la posizione del sorgere del Sole il giorno di Pasqua dell’anno di fondazione della chiesa peraltro avviene nel caso della Pieve oggetto di questo studio archeoastronomico.
L’effetto pratico dell’orientazione dell’asse della navata verso il punto di levata del Sole all’alba della domenica di Pasqua faceva si che quando il Sole sorgeva, i sui raggi entrando nell’edificio attraverso le monofore assiali dell’abside e delle absidiole, peraltro le uniche presenti, producessero suggestivi giochi di luce simbolicamente importanti dal punto di vista escatologico.
La materializzazione della direzione solare
Una volta che sia stato praticamente osservato il sorgere del disco solare all’orizzonte naturale locale è stato necessario procedere alla materializzazione della direzione stabilita sul terreno. Per prima cosa il punto in cui si posiziona l’osservatore incaricato di monitorare la levata del disco del Sole e la sua posizione all’orizzonte generalmente corrisponde al punto che costituirà il centro geometrico dell’emiciclo absidale della costruenda chiesa, il quale simbolicamente rappresenta l’”axis mundi” e che viene materializzato con un palo verticale infisso nel terreno. Tecnicamente quello costituisce il “punto di stazione”, ma non basta perché una linea retta viene esattamente definita da due punti da cui essa passa. Si rivela allora necessario infiggere nel terreno un altro palo, ad una certa distanza dal primo, disposto in modo tale che il disco solare venga visto sorgere dietro di esso; tecnicamente questo è il “punto di collimazione” e svolge la funzione di “mirino” analogamente a quanto avviene nel tiro con le armi da fuoco[5].
Esiste però un problema pratico e cioè che la collimazione diretta dl disco solare è ostacolata dalla sua forte luminosità tanto che l’osservatore ne viene abbagliato e quindi diventa molto difficile stabilire un allineamento preciso. Una soluzione a questo problema è quella di collimare con i due pali la prima apparizione del lembo superiore del disco solare all’orizzonte naturale locale, il cosiddetto “first gleaming”, in questo caso la luminosità del segmento visibile del disco solare è ancora sufficientemente ridotta da permettere una collimazione ragionevolmente precisa. Questo però implica però un errore dell’ordine di -0°,25 in azimut, alla latitudine geografica della Pieve di Lamula[6].
Un altro modo di limitare l’effetto perturbativo della forte luminosità solare era quello di posizionare l’operatore dietro il palo di stazione ad una certa distanza da esso in modo tale che il bastone coprisse esattamente il disco solare nascente. La distanza ottimale dipende dal diametro medio della sezione del bastone ed è circa 115 volte tale diametro. Un metodo molto più efficace potrebbe essere invece quello di utilizzare non la collimazione diretta del disco solare nascente, ma l’ombra proiettata dal palo di collimazione, che chiameremo P2, all’indietro verso il palo che stabilisce il punto di stazione, che denominiamo P1. Quando l’ombra proiettata dal palo P2 colpisce il palo P1 allora l’allineamento solare cercato è stato stabilito e l’azimut astronomico della direzione opposta all’ombra sarà esattamente quello del centro del disco solare che sta sorgendo.
Operativamente la procedura da seguire è la seguente. Stabilito il luogo dove deve avvenire l’osservazione del sorgere del Sole, vi si posiziona il palo P1 e poi si pone il palo P2 ad una certa distanza da P1 verso oriente approssimativamente lungo la direzione attesa per la levata del Sole che può essere stimata osservando l’aumento di luminosità del fondo cielo prima dell’alba nella direzione orientale a causa dell’incipiente sorgere dell’astro diurno. Quando il disco solare inizia ad apparire si sposta il palo P2 nella direzione nord-sud fino a quando l’ombra da esso proiettata va a colpire il palo P1 ad occidente di esso.
Quello è l’allineamento cercato. Se l’operazione è eseguita accuratamente la precisione raggiunta può decisamente più elevata rispetto al metodo della collimazione visuale diretta del Sole nascente. In epoca medioevale i costruttori di chiese e cattedrali utilizzavano per la collimazione del Sole un particolare strumento costituito da un bastone con un piccolo anello posto sulla sua sommità. L’anello serviva per collimare, attraverso il suo interno, il disco del Sole che sorge. Questo strumento costituiva il palo di stazione P1 e il palo P2 veniva collimato attraverso l’anello contro il disco solare che sorgeva all’orizzonte naturale locale. Le modalità operative erano le medesime descritte precedentemente con la differenza che, in questo caso, l’operatore si posizionava dietro il palo P1 ad una certa distanza tale che il palo P2 osservato attraverso l’anello ne occupasse quasi completamente l’area di orizzonte definita dalle dimensioni interne dell’anello. Anche in questo caso l’errore in azimut era dell’ordine di ±0°,25.
Durante il Medioevo è documentato anche un altro modo di operare con questo strumento il quale prevede l’utilizzo del solo palo munito di anello posto sulla sua sommità. Secondo questa modalità operativa il bastone era posto in corrispondenza del centro del futuro emiciclo absidale fungendo questa volta da punto di collimazione, poi l’osservatore riponeva ad un certa distanza da esso in direzione occidentale, spostandosi a destra ed a sinistra ed avanti e indietro fino a quando, il diametro angolare del Sole nascente, mediamente 30’ d’arco, corrispondeva al diametro angolare interno dell’anello e quindi era visibile all’interno di esso, ma non al suo esterno. A questo punto la posizione dei piedi dell’operatore stabilivano il secondo punto che determinava l’allineamento solare e quindi materializzava la direzione di orientazione dell’asse della navata della chiesa da edificare. La distanza ottimale tra il palo e l’osservatore era determinata dalle dimensione lineare del diametro esterno dell’anello[7].
L’accuratezza raggiungibile con questa procedura era ragionevolmente elevata essendo potenzialmente teoricamente inferiore a±0°,25 rispetto all’azimut della direzione solare vera, ma esisteva una complicazione dovuta all’accuratezza con cui l’operatore, durante la collimazione del Sole nascente, era in grado di stabilire la propria posizione sul terreno.
Ammettendo un errore medio di ±5 cm rispetto alla verticale teorica calata dal punto di collimazione, si perviene facilmente a determinare un errore in azimut pari a ±2°,5 rispetto a quello della direzione vera di levata del Sole, e quello è l’errore tipico di questo metodo che si riscontra molto frequentemente durante l’analisi dell’orientazione degli assi delle navate delle chiese costruite durante il Medioevo.
Nel caso della Pieve di Lamula non siamo in grado di determinare quale metodo pratico possa essere stato utilizzato per stabilire la corretta orientazione in quanto l’orientazione di tipo pasquale preclude questa possibilità che invece è possibile nel caso delle orientazioni dirette verso il punto di levata del Sole ai solstizi oppure agli equinozi in quanto in questi casi l’azimut teorico di allineamento è noto.
La visibilità attuale dei giochi di luce all’interno della chiesa in epoca attuale
Dobbiamo ora chiederci se tali suggestivi giochi di luce sono ancora visibili attualmente. La risposta è positiva, ma essendo trascorsi alcuni secoli durante i quale è avvenuta la riforma gregoriana del calendario, la data di visibilità sarà differente da quella del XIII secolo. Nonostante l’anno 2012 mostri nuovamente le condizioni di calendario che furono tipiche dell’anno di fondazione e di orientazione della Pieve, le cose in cielo non sono cambiate molto, ma soprattutto è avvenuta la riforma gregoriana del calendario, quindi nel 2012 il Sole sorgerà allineato con l’asse della navata in un giorno più avanti rispetto al 8 Aprile. Il Sole sorgerà esattamente sull’asse della pieve, all’orizzonte astronomico locale, quindi ad altezza ho=0° il giorno 17 Aprile 2012 alle ore 5:30 di mattina (ora solare). Nel caso l’altezza angolare apparente delle coline di sfondo sia dell’ordine di 1°,5 allora il giorno teoricamente ottimale sarà il 20 Aprile 2012 alle 5:35 di mattina (ora solare). Siccome il modello SRTM ha fornito un’altezza angolare apparente del profilo dell’orizzonte naturale locale di sfondo dell’ordine dei 1° e tenendo conto di tutte le possibili cause di incertezza allora la data ottimale sarà compresa ragionevolmente tra il 15 ed 20 Aprile 2012 intorno alle ore 5:47 di mattina.
Queste sono date teoriche, astronomicamente ottimali che corrispondono al Sole posto esattamente sull’asse della navata, ma è chiaro che le monofore absidali hanno un’apertura di dimensione relativamente consistente e il loro asse non è detto che sia esattamente parallelo a quello della navata che termina nell’abside, quindi anche in un giorno che non è esattamente posto entro l’intervallo temporale teoricamente ottimale dal punto di vista astronomico, ma comunque non molto distante da esso, i fenomeni luminosi saranno visibili più o meno allo stesso modo. I giorni che sono stati indicati in questa sede sono quindi più o meno tutti adatti ad osservare l’entrata mattutina dei raggi del Sole nascente, entro la navata della Pieve e gli effetti di luce da essi prodotti.
Conclusione
L’analisi archeoastronomica della Pieve di Santa Maria ad Lamulas ha messo chiaramente in evidenza che il criterio astronomico di orientazione originariamente applicato nella fase di edificazione dell’edificio chiesastico è stato basato sull’osservazione a vista della levata del Sole all’alba della mattina di Pasqua e la conseguente materializzazione su terreno di tale direzione lungo la quale è stato allineato l’asse della navata della chiesa utilizzando al minimo una coppia di pali in legno infissi nel terreno, oppure qualche segnacolo analogo, oppure ancora un bastone munito di anello. In questo caso non è possibile determinarlo. La scelta del criterio di orientazione pasquale implica che sia stata applicata simultaneamente sia una regola di tipo solare che una di tipo lunare in quanto la data della domenica della Pasqua cristiana di ispirazione romana deve rispettare sia il vincolo del plenilunio sia quello dell’equinozio di primavera, quindi il Sole, in quel giorno, deve essere posto, sulla Sfera Celeste, alcuni gradi al di sopra dell’equatore celeste e l’età della Luna deve essere appena superiore a 14 giorni. La presente analisi archeoastronomica non è stata basata su rilievi topografici eseguiti in loco e con strumentazione di alta precisione oltre che sull’analisi delle immagini da satellite, quindi rimane un certo margine di incertezza sui risultati, anche perché dopo la riedificazione della chiesa nel 1268 avvenuta dopo l’incendio del 1264, le monofore absidali furono poste ad una certa altezza rispetto al piano di calpestio per cui di fatto esiste un certo margine di approssimazione sulla reale altezza angolare apparente dell’orizzonte visibile dall’interno della Pieve.
Nemmeno sappiamo quale tipo di edificio era quello originario e nemmeno quale fu l’eventuale variazione di orientazione della chiesa del 1268 rispetto a quella precedente l’incendio la quale probabilmente non corrispondeva nemmeno alla prima edificazione e neanche l’epoca in cui questa effettivamente avvenne. Tutto questo si riflette sull’incertezza temporale con cui è possibile conoscere l’effettiva data corrispondente alla levata solare all’orizzonte naturale locale lungo l’asse della chiesa. Il giorno 8 Aprile corrisponde alla valutazione di maggior probabilità, ma potrebbe esistere un’incertezza di alcuni giorni. Il dato sicuro è relativo all’orientazione in rapporto alla levata del Sole all’alba della domenica di Pasqua e questo costituì il target astronomico scelto per orientare la pieve sicuramente in occasione della ricostruzione del 1268, ma molto probabilmente anche nel caso dei precedenti edifici costruiti in epoca altomedioevale.
Bibliografia:
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- Gaspani A., 2000, “Geometria e Astronomia nelle antiche chiese alpine” Collana Quaderni di Cultura Alpina, N.°.71, Priuli e Verlucca Editori (Pavone Canavese, TO).
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- Gaspani A., 2011, “Analisi archeoastronomica della chiesa di San Giacomo e San Nicola di Baresi”, in “La chiesa già parrocchiale di San Giacomo Maggiore e San Nicola da Tolentino in Baresi di Roncobello” di Gabriele Medolago e Carla Gervasoni, Ed. Comune di Roncobello, MOMA edizioni, pag. 24-33.
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- Gerberto D’Aurillac, “De Geometria”, in Nicolaus Bubnov “ Gerberti postea Silvestri II Papae Opera Mathematica (972-1003)”, Geog Olms Hildesheim, 1963.
- Romano G., 1992, “Archeoastronomia”
[1] La misura dell’azimut (geodetico) astronomico di orientazione delle linee potenzialmente astronomicamente significative rilevabili nei siti archeologici eseguita sulle immagini da satellite presenta tutta una serie di problemi che si riflettono nell’accuratezza con cui tali azimut vengono misurati e che quindi influenzeranno la successiva analisi archeostronomica del sito archeologico. Dal punto di vista teorico è possibile identificare tre sorgenti principali di errore che concorrono all’errore finale e(Az) con cui è possibile misurare l’azimut astronomico di orientazione di una linea riconoscibile su un’immagine satellitare. La prima componente, cioè e(oper) si riferisce all’errore compiuto dall’operatore il quale misura mediante uno strumento software l’azimut di orientazione di una linea sull’immagine satellitare del sito archeologico. Tale errore dipende sia dall’abilità e dall’esperienza di colui che misura sia dall’accuratezza dello strumento software utilizzato.
La seconda fonte di errore, cioè e(swath) rappresenta la causa più pericolosa ai fini della corretta valutazione dell’azimut astronomico di orientazione di una linea identificata sull’immagine satellitare e dipende dall’angolo q con cui la fotocamera del satellite ha ripreso il sito archeologico che stiamo studiando. Se la ripresa è di tipo zenitale allora q = 0, altrimenti il valore di tale angolo (detto “angolo di swath”) è maggiore di 0 e può arrivare a seconda del satellite e delle condizioni di ripresa anche a valori dell’ordine di 25° come nel caso delle riprese eseguite dal satellite QuickBird gestito da Digital Globe (USA). Se l’esecuzione delle misure avviene sulle ortofoto allora l’angolo q è nullo in quanto le immagini sono zenitali per definizione. Il terzo errore e(georef) deriva dalle tecniche utilizzate per georeferenziare e georettificare l’immagine sulla base delle coordinate geografiche accurate di un certo numero di punti di riferimento sul terreno e se la procedura è eseguita a regola d’arte, tale errore è trascurabile.
[2] I dati altimetrici relativi alla SRTM sono liberamente scaricabili in forma numerica, per gli intervalli di latitudine e longitudine geografica richiesti, dal sito internet: http://srtm.csi.cgiar.org/SELECTION/inputCoord.asp
[3] La formula ricorsiva per il calcolo delle epatte successive è la seguente:
e(k) = e(k-1) + 11
in cui e(k) è l’epatta di un generico anno k ed e(k-1) è l’epatta dell’anno precedente. Se e(k)>30 si deve sottrarre 30. Questa relazione va applicata entro il medesimo ciclo di Metone in quanto passando da un ciclo metonico a quello successivo si verifica il saltus lunae e quindi l’aggiunta può essere pari a 12 invece che ad 11.
[4] Siccome la durata della lunazione non è pari a 30 giorni esatti è possibile una differenza di 1 giorno tra il plenilunio pasquale ecclesiastico (o liturgico) e quello strettamente astronomico, poiché il plenilunio può essere approssimato con un’età della Luna pari a 14, ma anche 15 se lo si considera esattamente come la metà del mese sinodico lunare approssimato per eccesso a 30 giorni. La fase di plenilunio avviene a 29,5306/2=14,7653 giorni solari medi dal precedente novilunio., quindi tra 14 e 15 giorni di età della Luna,
[5] L’accuratezza raggiungibile con questo metodo è determinabile mediante al semplice relazione matematica:
e(Az) = 28°,6 (s1+s2)/d
dove e(Az) è l’incertezza (in gradi) sul valore dell’azimut determinato per l’allineamento solare, s1 e s2sono rispettivamente I diametri dei pali utilizzati e d è la distanza lineare tra loro.
[6] L’errore DAz in azimut rispetto al centro del disco solare commesso utilizzando la collimazione del “first gleaming”, è approssimabile con:
DAz = -0°,25 tan(j) +…
dove: j è la latitudine geografica del luogo dove vengono eseguite le osservazioni.
[7] La distanza ottimale D tra l’operatore ed il bastone munito di anello può essere calcolata con la seguente relazione matematica:
D = 115 ´ u
dove u è il diametro esterno dell’anello
Fonte – Due Passi nel Mistero,
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