Tre specie marine su quattro sono ancora da scoprire!

Mari e oceani del Pianeta ospitano un milione di specie, di cui 750mila ancora tutte da scoprire.

La stima di quelle note e’ infatti salita da 230mila a quasi 250mila specie: e’ questa la sintesi dei dati finali del progetto Census of marine life, che oggi a Londra ha presentato il lavorocondotto da 2700 scienziati negli ultimi dieci anni, in 25 aree del Pianeta, per un totale di 9.000 giorni in mare e 540 spedizioni.

Negli abissi del Mediterraneo si stima sia il 75% la quota di specie sconosciute. Una sorta di Eldorado della ricerca, ma allo stesso tempo anche il mare piu’ minacciato.

”Il Mar Mediterraneo profondo – afferma Roberto Danovaro, dell’Universita’ Politecnica delle Marche, fra gli scienziati alla guida del team internazionale di Census – e’ tra i sistemi piu’ ricchi sia in termini di varieta’ di habitat sia di ricchezza di specie, ma rischia di perdere rapidamente questo primato. Le intense attivita’ di pesca a strascico anche ad elevate profondita’, stanno distruggendo molti habitat (fino a 1.500 metri) rendendo deserti alcuni ecosistemi, prima estremamente complessi e ricchi di vita. E’ il caso delle sorgenti fredde (chiamate ”cold seeps”) di metano, minacciate dalle attivita’ di pesca e da quelle di ricerca di idrocarburi da parte di multinazionali”.

Un altro caso e’ quello ”delle barriere di coralli profondi – aggiunge Danovaro – come quella di fronte a Santa Maria di Leuca, gia’ in parte distrutte dalle reti da pesca”.

F onte – ANSA

a cui segue:

ROMA – Ci sono voluti dieci anni e ancora la ricerca è ben lontana dall’essere finita, ma il primo censimento di tutte le specie di animali che vivono nei mari del mondo ha dato una prima, impressionante cifra: secondo il Census of marine Life (Coml), un progetto che ha visto impegnati 360 ricercatori di tutto il mondo, sono 230mila le diverse specie distribuite nelle 25 aree studiate, di cui solo un decimo sono state catalogate. Il Mediterraneo è al quarto posto per biodiversità, ma purtroppo secondo gli esperti è anche quello più a rischio di perdere questa ricchezza.

I risultati definitivi della ricerca verranno presentati il 4 ottobre in una grande conferenza a Londra, ma intanto il Coml ha reso noti i primi risultati con una serie di articoli pubblicati da Plos One. Le aree più ricche di biodiversità sono risultate essere il Giappone e l’Australia, entrambe con circa 33mila specie, seguite dalla Cina (22mila) e dal Mediterraneo, in cui fra crostacei, pesci e alghe vivono 17mila specie animali. Al quinto posto, tra le 25 aree censite, c’é il golfo del Messico, martoriato dalla marea nera, in cui vivono 15mila specie.

“Nel Mediterraneo siamo riusciti a studiare sia le specie costiere che quelle abissali – spiega Roberto Danovaro del Politecnico delle Marche – e sono venute fuori molte sorprese. Per quanto riguarda gli abissi, ad esempio, zone che pensavamo prive di vita hanno mostrato 3500 specie, ma il 70% è ancora da scoprire. Questo è un motivo in più per difendere gli abissi, ad esempio dalle trivellazioni, perché non possiamo permetterci di perdere ciò che ancora non conosciamo”.

Dai dati mondiali i ‘re dei mari’ sembrano essere i crostacei, che sono il 19% di tutte le specie trovate, seguite dai molluschi (17%), pesci (12%), alghe e protozoi, ciascuno con il 10%. La categoria ‘altri vertebrati’, che contiene mammiferi marini, tartarughe, uccelli marini, conta solo per il 2%. Il pesce più ‘cosmopolita’ è un pesce vipera, che vive nel 25% della zone studiate, mentre le specie che si possono trovare in più zone sono le alghe e gli uccelli marini, che compiono viaggi di migliaia di chilometri. Per quanto riguarda il Mediterraneo, il 7% delle specie che lo abitano sono stanziali, e non si trovano da altre parti, una percentuale superata solo dall’Antartide con il 15%.

“Purtroppo il Mediterraneo è risultato il mare più a rischio di perdere la propria biodiversità – continua Danovaro – a causa della presenza dell’uomo e dei cambiamenti climatici. Si pensi che è la parte del mondo con più rotte marine commerciali, e solo in Adriatico ci sono 100 pozzi per l’ estrazione del metano”.

Il progetto, partito nel 2000, ha ora una grossa difficoltà, quella dei finanziamenti: “Questa prima parte è stata finanziata da una fondazione americana – spiega l’esperto – che però ora si dedicherà ad altro. Alcuni paesi, come la Francia, si stanno muovendo per continuare il progetto, speriamo che anche l’Italia faccia al sua parte”.

E che sia urgente continuare il censimento dei mari lo dimostrano anche le cifre raccolte dagli scienziati in questi dieci anni: confrontando i dati con quelli storici è emerso infatti che alcune popolazioni hanno subito diminuzioni fino al 90%, e potrebbero presto sparire.

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