Simboli e segreti nei giardini di Firenze. Storie, aneddoti, personaggi
I giardini, luoghi intrisi di memorie, rivelano non solo lo spirito dei tempi in cui furono realizzati, ma, e soprattutto, l’animo dei loro artefici e proprietari. Nella città di Firenze, infatti, proprio attraverso i piccoli eleganti parchi, che si celano all’interno delle antiche mura o che impreziosiscono le ondulate colline, si può leggere in filigrana una sorta di second life, fatta di ricordi e sensazioni, che si dipana attraverso i secoli per restituirci un’immagine diversa ed insolita di luoghi più o meno noti.
Questo libro non vuole essere una guida ai giardini fiorentini, ma raccontare per tracce leggere, proprio attraverso i giardini, alcuni personaggi e avvenimenti che hanno segnato la storia della città. Un itinerario fantastico dove il giardino è spesso lo scenario privilegiato, ove le emozioni diventano spazio e, come in un grande specchio, si colgono riflessi ed echi del passato in un evanescente palinsesto di memorie.
In sostanza una sorta di spirito dei luoghi, come aveva colto l’acuta mente dello scrittore Henry James durante una visita a Palazzo Corsini: “Nei luoghi dove si è vissuto così a lungo, secondo tali e tanti raffinati ed antichi costumi […] il passato sembra aver lasciato un notevole sedimento, un aroma, un’atmosfera” 1. E questo tanto più vale per i giardini di Firenze, spazio rarefatto dove si sovrappongono storie, sentimenti, saperi e misteri.
E a cominciare proprio dal Rinascimento, quando s’iniziano a scoprire e a tradurre gli antichi testi di Ermete Trimegistro e di Platone, da cui prenderà vita “quel movimento culturale che caratterizzò la seconda metà del Quattrocento fiorentino, e che fu intriso di ermetismo e platonismo” 2, i giardini diventano la cornice di colte conversazioni, si pensi alle riunioni dell’Accademia Platonica, che avevano luogo alla villa medicea di Careggi per essere ospitate poi, alla morte di Lorenzo il Magnifico, nel giardino degli Orti Oricellari, e ancora portatori di segreti iniziatici, che si celano nello stesso disegno e arredo plastico – decorativo, come nella stupenda orchestrazione, dal grande vigore simbolico, della grotta degli animali nel giardino della villa di Castello.
Nelle ville laurenziane, alla corte del Magnifico, si celebra il tema del giardino d’amore e di Venere, già esaltato nelle splendide tele botticelliane, sottile rimando alla forza creatrice dell’Universo: l’eros, celebrato dai neoplatonici, ovvero il potere vivificante della natura che presiede al dinamismo degli elementi, la forza d’amore che trasforma le creature in essenze di bellezza. Antiche verità si nascondono, in un crescendo simbolico, all’interno di composizioni di grande valore artistico, come nella complessa decorazione del grande timpano che sovrasta l’ingresso della villa di Poggio a Caiano, dove il procedere narrativo rimanda ad una griglia di antichi miti e segrete risonanze a tuttoggi dalle insolute chiavi di lettura.
Ancora in pieno Cinquecento la magia dei quattro elementi che si nasconde, come una sorta di inno al canone della metamorfosi, nella superba allegoria della Grotta nel giardino di Boboli, traspare nella sottile trama del parco di Pratolino, a nord della città di Firenze sulla via che conduce a Bologna, ma alla città strettamente connesso come testamento spirituale di Francesco I dei Medici, il saturnino principe alchimista, e come espressione iconica della complessità della grande stagione manierista, dove la meraviglia e l’intrattenimento fantastico si coniugano con le segrete assonanze della pratica trasmutatoria alchemica. Una sorta di Disneyland manierista dove esseri mostruosi e fuori scala, antri oscuri, abitati da fantastici automi che si muovono al suono di musiche prodotte da congegni meccanici, e mille altri artifici nascondono complessi e antichi simbolismi.
Di diretta derivazione dalle meraviglie di Pratolino è la redazione seicentesca del giardino degli Orti Oricellari, ridisegnato sotto la sapiente regia del cardinale Giovan Carlo de Medici. Nel parco, che già vantava un passato all’insegna del magico con la precedente proprietaria Bianca Cappello e le sue intriganti notturne messe in scena, il tema del mostruoso, esaltato nella colossale statua di Polifemo, che si erge in mezzo al giardino, s’intreccia con quello della meraviglia, nascosto nella grotta che fa pendant con la stessa figura del gigante, in un’originale e complessa elaborazione dal sapore iniziatico.
Nel secolo dei Lumi, la nuova moda del giardino paesaggistico inglese, dalle complesse e simboliche tematiche, diffusasi fin dal XVIII secolo nell’Europa settentrionale, verrà recepita a Firenze in ritardo e in modo sommesso rispetto alle altre nazioni, dove invece la nuova tendenza nasconderà all’interno dei parchi intriganti percorsi iniziatici, segnati da fabriques e false rovine in una mirabile simbiosi di arte e natura.
L’architetto – filosofo Giuseppe Manetti, vissuto a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, è l’interprete del nuovo gusto del giardino all’inglese con la sistemazione del giardino Corsi, dedicato all’amicizia, come recita il grande cartiglio collocato a mò di manifesto sulla terrazza che si apre su via dei Serragli, e che sembra velatamente alludere ad un’ipotetica confraternita di uomini saggi.
Anche nel Parco delle Cascine, ridisegnato dall’abile mano dello stesso valente architetto, in occasione dell’apertura al pubblico del grande spazio verde, suggestioni colte lasciano intendere ben più alte spiritualità e rimandano ad antiche sacralità. Della maniera simbolica del Manetti, ancorché dei suoi progetti, sono indicativi gli scritti in cui traspare un antico sapere, come nel suo “Studio degli Ordini di Architettura” del 1808, dove sono frequenti i rimandi al testo esoterico “De Misteris” di Giamblico”3, e ancora nella relazione che accompagna il progetto, mai realizzato, della ristrutturazione della Villa di Poggio a Caiano per la principessa Elisa Baciocchi4, dove, quasi a voler raccogliere l’eredità del pensiero neoplatonico, la villa viene celebrata come luogo dedicato all’adorazione della Suprema Sapienza. Il grande tema della grotta, che si evidenzia, come tappa di un iter sapienzale, nel progetto del Manetti, peraltro rimasto sulla carta, della Villa del Poggio Imperiale ancora per la principessa Elisa, sarà invece recuperato, nel suo significato di allegorica discesa agli Inferi e successiva rinascita, dall’architetto Luigi Cambray Digny, erede e continuatore del filosofico architettare del Manetti, cui si deve la redazione del giardino Torrigiani e degli Orti Oricellari, rispettivamente per il marchese Pietro Torrigiani e per il marchese Anton Filippo Stiozzi. In entrambi i progetti si può leggere in filigrana una sorta di itinerario allegorico, ispirato al simbolismo di chiara impronta massonica, che si dipana tra gli inserti vegetali e gli apparati decorativi in un racconto di emblematiche metamorfosi, ad avvallare questa chiave di lettura è inoltre il fatto che sia il Cambray Digny che entrambi i committenti appartenessero alla consorteria segreta di filiazione francese presente nella città di Firenze con ben due logge, la prima, in ordine di tempo, intitolata a Napoleone e la seconda dedicata alla sorella Elisa. La loggia Napoleone, inaugurata nel 1807, raccoglieva, infatti, sotto la sua egida, il fior fiore dell’aristocrazia e dell’intellighentia fiorentina: il marchese Pietro Torrigiani, il senatore Ippolito Venturi, Piero dei Mozzi, il marchese Anton Filippo Stiozzi, il conte Guido della Gherardesca, il conte Girolamo de Bardi, accanto ai quali spiccano i nomi del dottor Paolo Mascagni, celebre professore di Anatomia, dell’incisore Raffaello Morghen e dell’architetto Luigi Cambray Digny.
Con il Cambray Digny si chiude la grande stagione di architetti filosofi, anche se Giuseppe Martelli, allievo preferito e pupillo del Digny, e che grazie a quest’ultimo aveva potuto svolgere un periodo di apprendistato a Parigi, sembra nei suoi primi progetti ricalcare le orme del Maestro, con evidenti accenni alle architetture rivoluzionarie d’oltralpe, ma che non avranno seguito probabilmente per la mancanza di una committenza sufficientemente sensibile a questi temi.
Ancora ispirato al simbolismo massonico è il giardino Stibbert a Firenze, ridisegnato dal suo proprietario Federico Stibbert, uomo colto e liberale, con l’inquietante tempietto egizio, vigilato da una teoria di enigmatiche sfingi, che si specchia sulle acque di un piccolo lago, e che segna il termine del percorso allegorico. Nel parco, dove è più che mai evidente come lo Stibbert sia stato il solo ideatore dell’intero complesso, il richiamo all’Egitto e alla sua simbologia, rimanda ancora alla consorteria massonica, cui faceva parte anche Federico Stibbert come adepto della fiorentina loggia Concordia, e nel cui alveo l’antica civiltà fiorita sulle rive del Nilo era, infatti, considerata la patria d’origine dei rituali iniziatici e dello stesso ermetismo.
Fra Otto e Novecento i giardini fiorentini inaugureranno un nuovo gusto, grazie alla comunità di stranieri, chiamati genericamente “gli inglesi”, che avevano eletto la Toscana e principalmente la città di Firenze a propria dimora, e che amavano soggiornare in ville circondate da grandi parchi. Questa nascente moda si deve anche ai mutamenti delle condizioni sociali, infatti, tra Sette e Ottocento, cambia totalmente il concetto di Grand Tour, fino allora prerogativa della classe aristocratica che, con il nuovo secolo, si allarga alla nuova generazione di borghesi ricchi. Firenze non è più una tappa di un lungo viaggio, ma diventa una sorta di seconda patria per molti stranieri.
Le ville della città di Firenze e delle sue amene colline, con i loro parchi e giardini dove aleggiano antichi fantasmi, diventeranno i luoghi di soggiorno preferiti dagli stranieri, attratti dall’atmosfera di libertà, che permetteva modi di vivere aspramente criticati dalla società inglese dell’epoca, ed allettati anche dal buon mercato della vita domestica, come Henry James notava nel 1877: “Sulla collina di Bellosguardo le ville sono innumerevoli e il forestiero non sente parlar d’altro […] per lo più sono da affittare (molte credo in vendita) a prezzi inverosimilmente bassi: si possono trovare una torre con giardino, una cappella e una lunga distesa di trenta finestre per cinquecento dollari l’anno”.
Nel XIX secolo, infatti, molte delle ville più importanti risultano di proprietà di stranieri: Lady Scott, figlia del Duca di Portland vive a villa Capponi, il collezionista William Blondel Spence a villa Medici sulla collina fiesolana, Miss Bianca Light a villa i Cedri a Bagno a Ripoli, i Conti Crawford a villa Palmieri e ancora i Demidoff, dopo aver abbandonato la superba villa di San Donato a Polverosa, si erano stabiliti a Pratolino, gli Strogonoff alla villa di Quarto a Sesto, Olga Orloff viveva nel giardino degli Orti Oricellari e la principessa Ghyka alla Gamberaia.
“Firenze, – scrive il giornalista americano Wills5- la più gaia e bella delle città italiane, è il ritrovo degli stranieri di ogni parte del mondo. La società è un misto di tutte le nazionalità, un terzo circa di Fiorentini un terzo di Inglesi, e il rimanente Russi Tedeschi Francesi Polacchi e Americani in parti uguali. Gli inglesi ricevono parecchio, e danno la maggior parte dei balli e delle cene”.
Proprio sulle colline che abbracciano Firenze, una costellazione di ville si anima dei nuovi ospiti: poeti, scrittori e artisti che cercheranno e troveranno negli ineffabili orizzonti della città ispirazione per le loro opere e creazioni artistiche. “L’atmosfera di Firenze – rilevava Nathaniel Hawthorne a proposito del suo soggiorno fiorentino – almeno quando si ascende un po’ entro di essa, suggerisce delle speculazioni planetarie. Così la trovò Galileo, e Powers ed io penetrammo l’intero universo”.
SOMMARIO
Introduzione
CAPITOLO I – ALCHIMIA E ASTROLOGIA NEI GIARDINI MEDICEI
Un percorso iniziatico nel giardino di Boboli.
La celebrazione del giardino di Venere nella Villa di Careggi
I segreti di Cosimo I nascosti nel giardino della Villa di Castello.
Il Parco di Pratolino: testamento spirituale di un principe alchimista.
La Villa di Poggio a Caiano: la dimora filosofale di Lorenzo il Magnifico.
Le simboliche geometrie dell’Orto Botanico.
CAPITOLO II – GIARDINI SIMBOLICI E ALLEGORICI
Feste negromantiche e omicidi nel giardino degli Orti Oricellari.
Palazzo Serristori: un giardino sull’Arno.
Il giardino Corsi: un luogo consacrato all’amicizia.
Echi romantici e simbolismi massonici nel giardino Torrigiani.
Suggestioni arcane nel Parco delle Cascine.
Giardino Stibbert: l’elegante scenario di antichi saperi.
Gli Orti di Parnaso nel giardino dell’Orticultura.
La Grotta della Fata Morgana a Villa Il Riposo.
CAPITOLO III – GLI ANGLO-FIORENTINI A BELLOSGUARDO
Un tè all’inglese a Villa Brichieri-Colombi.
La Torre di Bellosguardo: ambito ritrovo della società mondana e cosmopolita.
I fantasmi della Villa di Montauto raccontati da Hawthorne.
CAPITOLO IV – ARTISTI E LETTERATI IN GIARDINO
Villa dell’Ombrellino: dove fiorisce l’ingegno.
Villa Romana: un atelier per artisti.
Musica e arte tra le mura del Convento di San Francesco di Paola.
Un pittore preraffaellita a Villa Lo Strozzino.
Il boschetto sacro di Villa Bellagio.
Villa Medici: un cenacolo di artisti e letterati.
I pomeriggi letterari di Vernon Lee a Villa il Palmerino.
Il rifugio del vate a Villa La Capponcina.
Una principessa nel giardino di Villa Gamberaia.
CAPITOLO V – IL FASCINO DEL PASSATO FRA RISCOPERTA E INVENZIONE
Il Paradiso in terra a Villa Palmieri.
Villa Gherardo-Ross: la dimora di un’affascinate lady inglese.
Villa La Torraccia: la cornice fantastica delle ‘Conversazioni Immaginarie’.
Il fascino del Medioevo nel Castello di Vincigliata.
Bernard Berenson: un collezionista d’eccezione a Villa I Tatti.
Un’eccentrica americana a Villa Curonia.
Il belvedere del Giardino Bardini.
CAPITOLO VI – TRA LE OMBRE DEL TEMPO: AMORI, SEGRETI E SEPOLCRI
I passatempi del Cardinale a Villa di Lappeggi.
Villa La Quiete: l’ameno ritiro dell’ultima principessa medicea.
Paolina Bonaparte a Villa Fabbricotti.
Villa Oppenheim-Cora: la lussuosa dimora di una baronessa innamorata.
Il Cimitero degli Inglesi: l’isola dei morti.
Bibliografia essenziale
Paola Maresca, architetto è nata a Firenze dove vive e lavora. Entrando nella redazione della rivista Psicon, diretta da Eugenio Battisti sviluppa il suo interesse per il simbolismo nell’architettura.
È autrice di numerosi saggi su libri tra i quali: Lo Stanzino del Principe in Palazzo Vecchio (1980), Firenze. La cultura dell’utile(1984), Alla scoperta della Toscana lorenese. Architettura e bonifiche (1984), La fortuna degli Etruschi (1985), Il giardino romantico (1986), Il concerto di statue (1986), Gli Orti di Parnaso (1989) e articoli su riviste specializzate quali Psicon e Arte dei Giardini. Storia e Restauro. Da alcuni anni in funzione del compito istituzionale del proprio Ufficio si occupa di beni culturali partecipando anche a convegni in Italia e all’estero su questo tema. Ha pubblicato “Boschi sacri e giardini incantati”(1997), “Giardini incantati, boschi sacri e architetture magiche” (2004), “Giardini, mode e architetture insolite”(2005), “Giardini, donne e architetture”(2006) e “Giardini simbolici e piante magiche”(2007). Dirige inoltre i Quaderni “Giardino e Architettura”.
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