Scoperti in Irlanda i resti di due “Vampiri”

Gli scheletri dei “morti viventi”

Scoperti a Kilteasheen in Irlanda i resti di due uomini medioevali sepolti con un sasso in bocca: secondo i ricercatori, la pratica era ritenuta utile per evitare che si trasformassero in zombie o vampiri

di Giovanni Lattanzi

Uno dei due scheletri dell’VIII secolo rinvenuti a Kilteasheen. Fotografia per gentile concessione Chris Read, Institute of Technology, Sligo

A Kilteasheen, in Irlanda, è stata effettuata una scoperta archeologica di risvolti inquietanti: sono infatti venuti alla luce gli scheletri di due uomini vissuti in pieno Medioevo e sepolti entrambi con un sasso infilato in bocca. Gli studiosi ritengono che questa inusuale, ma non rara, pratica fosse utilizzata all’epoca per evitare che i morti tornassero in vita, trasformandosi in quelli che noi oggi definiamo “zombie”.


La scoperta è avvenuta nell’ambito di un programma di ricerca pluriennale, iniziato nel 2005, sul sito di Kilteasheen, vicino a Loch Key, condotto da un gruppo di archeologi diretti da Chris Read dell’Institute of Technology di Sligo, in Irlanda, e da Thomas Finan dell’Università di St. Louis. Sono tornati alla luce ben 137 scheletri, ma gli studiosi ritengono che nell’area vi siano sepolti i resti di almeno altri 3.000 individui vissuti in un periodo compreso tra il 700 e il 1400.

Vittime della peste?

I due scheletri con il sasso in bocca appartengono a uomini che sono stati seppelliti in momenti diversi dello stesso secolo (il VIII); uno di essi aveva un’età compresa tra i quaranta e sessant’anni, mentre l’altro era più giovane,

tra i venti e i trent’anni. Sono stati rinvenuti deposti fianco a fianco, ed entrambi avevano una pietra delle dimensioni di una pallina da tennis infilata a forza nella bocca al momento della sepoltura. Uno giaceva sdraiato, con il viso rivolto verso l’alto, l’altro aveva la testa piegata di lato e un pietra più grossa dell’altra in bocca, infilata con tanta forza da rischiare di dislocare la mandibola.

Subito dopo la sorprendente scoperta, Read e i suoi colleghi hanno pensato di aver individuato un’area sepolcrale destinata a ospitare le vittime della Peste Nera, la temibile epidemia che flagellò duramente anche questo territorio. Non sono infatti rare le scoperte di resti di individui sepolti con sassi infilati in bocca, un rituale contro i vampiri, ma risalgono tutte alla fine del Medioevo, o successive. All’epoca si credeva, infatti, che i “vampiri” avessero la capacità di diffondere la peste mordendo il proprio “sudario”, un telo che veniva stesso sul corpo dopo la morte; le conoscenze mediche riguardo germi, virus e batteri, erano lungi da venire, e ognuno avanzava le più fantasiose ipotesi sul modo in cui avveniva la diffusione del morbo; ragion per cui si credeva che lo stratagemma del sasso in bocca potesse bloccare il diffondersi della peste.

Il vampiro di Venezia

È senza dubbio molto interessante l’analogia con una scoperta avvenuta a Venezia qualche anno fa e relativa anch’essa a un defunto nella cui bocca spalancata era stato posto un sasso. In quel caso l’ipotesi fu che lo sventurato, molto probabilmente, era stato ritenuto un possibile e potenziale vampiro.

Ma la credenza nei vampiri si fece strada nella cultura popolare europea solo verso il 1400, quindi parecchi secoli dopo il momento della sepoltura dei due uomini di Kilteasheen, ragion per cui gli archeologi hanno escluso che la motivazione del sasso in bocca fosse questa. L’ipotesi più credibile in questo caso è che la sua funzione fosse quella di fungere da “barriera” per evitare che i morti ritornassero alla vita.

Vite al margine

Nella tradizione popolare dell’epoca, secondo Read, i “morti viventi” (oggi li chiamiamo zombie) erano persone che vivevano ai margini della società o forestieri; i due irlandesi, probabilmente, venivano considerati reietti o socialmente pericolosi, ad esempio assassini o stupratori, ma potevano anche essere semplicemente persone comuni decedute in seguito a qualche strana malattia. Qualsiasi evento straordinario poteva infatti suscitare sgomento nella comunità dell’epoca, facendo nascere la paura che questi sventurati avrebbero potuto tornare dal regno dei morti per tormentare i loro cari o, ancora peggio, per vendicarsi di coloro con cui avevano qualche conto in sospeso.

L’organo che permetteva al corpo di mettere in atto questa trasformazione era proprio la bocca, perché, secondo Read, era ritenuta il “portale” usato dall’anima per uscire dal corpo dopo la morte; da quello stesso passaggio essa, o peggio un qualsiasi spirito maligno estraneo, avrebbe potuto rientrare nel corpo defunto e rianimarlo. Da qui la necessità di ostruire il passaggio con qualcosa di pesante, ad esempio un sasso.

Fonte – National Geographic, 19 settembre 2011

 

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