Livorno – «Tre fantasmi, in Curia» e interviene l’esorcista
Una donna, un bambino e un frate, descritti in modo identico da tutti quelli che hanno avuto il dispiacere di incontrarli. Dove? Nella sede della Curia vescovile
LIVORNO— Il momento più oscuro è stato il venerdì notte di una ventina di giorni fa. Arrivato, gelido da far rabbrividire, dopo una giornata di visioni così reali da sembrare vere. «Ho visto un frate con il saio e l’antico cappello attraversare un muro spesso almeno cinquanta centimetri» , racconta una signora lucidissima che partecipa a un gruppo di preghiera. E non c’è solo lei a vedere «questi fantasmi» , ma almeno una decina di persone, tutte estremamente attendibili, credenti, e pure imbarazzate a raccontare l’esperienza extrasensoriale. C’è chi, per esempio, racconta di aver visto più di una volta un bambino, e subito dopo una donna e poi ancora il solito frate. Tre personaggi descritti in modo identico da tutti quelli che hanno avuto il dispiacere di incontrarli. Dove? Nella sede della Curia vescovile, un grande complesso costruito nella metà dell’Ottocento nel quartiere di Sant’Andrea, uno dei più popolari e degradati di Livorno, non lontano dal centro storico e dal seicentesco rione della Venezia.
Gli incontri ravvicinati pare accadano quasi sempre di giorno e hanno preoccupato non poco i fedeli e il gruppo che settimanalmente si riunisce per pregare per le anime del purgatorio. Tanto è vero che del problema è stato pure interessato l’esorcista: padre Giovan Battista Damioli. Che, dicono indiscrezioni, avrebbe fatto un primo sopralluogo per cercare di stabilire se queste presunte presenze siano o meno malvage. Damioli non conferma né smentisce: «Su queste cose non dico nulla. Chiedete direttamente al vescovo» , risponde. Ma dietro la laconica risposta sembra di poter scorgere qualche verità. Anche perché Padre Damioli, che è anche parroco della chiesa di San Sebastiano, conosce bene le subdole tentazioni del Maligno e sa distinguere tra esse e le comunissime suggestioni. Che certamente hanno un ruolo preponderante nelle strane visioni nelle stanze enormi della Curia vescovile e del seminario annesso. Una donna delle pulizie giura di aver trovato le impronte di un bambino scalzo, proprio come quello descritto da altre persone. Per non parlare poi di strani rumori, fruscii, colpi di vento, scricchiolii. Così, dopo essere stato protagonista dei fenomeni, qualcuno si è informato sulla storia del vescovado, costruito, si narra, sopra antichi cimiteri di ogni religione così come è accaduto alla vicina chiesa di Sant’Andrea. Livorno è stata una città tollerante per antonomasia, la prima ad approvare leggi, come le Livornine, sul libero culto. In città si trovavano chiese di ogni confessione, sinagoghe, moschee. E allo stesso tempo c’erano cimiteri per tutte le fedi.
Dunque gli ingrediente per il più classico dei thriller a sfondo paranormale ci sono tutti: chiese dove vivono i fantasmi, antichi cimiteri che nascondono chissà quale mistero, esorcisti. Ma torniamo al venerdì terribile. Che ha come protagonista un altro parroco: don Edoardo Medori alla guida di Sant’Andrea, la chiesa costruita davanti al Cisternone, cisterna d’acqua realizzata dall’architetto massone Pasquale Poccianti che alla libera muratoria e al suo tempio si ispirò nella progettazione. Don Edoardo, prete di base senza peli sulla lingua, avverso dal Palazzo e amatissimo dai suoi fedeli racconta un episodio. «Quel venerdì notte mi avvertirono, dopo una giornata di visioni di fantasmi, di uno strano accadimento — racconta — Io non ero in parrocchia ma a mezzanotte in punto le campane iniziarono a suonare» . Don Medori salì sul campanile per vedere e scoprì la verità. Quale? Avevo dimenticato acceso il meccanismo automatico che per Natale fa suonare le campane per la nascita del Bambino» , risponde con un sorriso. E i fantasmi? «In tanti mi hanno raccontato di averli visti — continua il parroco— e sono tutte persone al di là di ogni sospetto. Però, a volte, la suggestione gioca brutti scherzi. Chissà…» .
Fonte – Corriere Fiorentino, art. di Marco Gasperetti, 21 febbraio 2011
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