Il Mostro di Firenze, di Giancarlo Pavanello, Liri Trevisanello e Erika De Pieri
Giancarlo Pavanello: Liri Trevisanello e Erika De Pieri, Il mostro di Firenze, Becco Giallo, 2007
Una “cronaca a fumetti”, secondo il sottotitolo, sul “mostro” o sui “mostri” di Firenze, così indicati nei mass media, autori di efferati delitti che hanno insanguinato molti luoghi appartati sulle colline nei dintorni della città, dal 1968 al 1985: le vittime erano coppie in macchina o in tenda, per lo più giovani, non solo italiane, preferibilmente in attività sessuale, tra festività e pre-festività e nelle notti di novilunio. Per la prima volta, l’Italia scopriva l’esistenza dei serial killer e di tutta una realtà fatta di “perversioni”, il dilagare di una criminalità disinvolta nelle piccole località di provincia in apparenza tranquille e sonnolente. Nei risvolti più inquietanti di quelle vicende: l’accanimento macabro nel ritagliare il pube e un brandello di un seno delle donne uccise.
Erano stati individuati i colpevoli, più volte, assolti più volte, un po’ tutti non privi di precedenti o di dubbia moralità, ma il gruppo che ha fatto più notizia e che ha alimentato le fantasie degli italiani è quello diventato famoso come “compagni di merende” [avevano minimizzato in questo modo le loro incursioni in cerca di coppiette]: Pietro Pacciani, Mario Vanni e Giancarlo Lotti. Il primo, soprattutto, il “contadino di Mercatale”, settantenne con un passato di omicida e di stupratore delle figlie, era diventato un vero e proprio “personaggio mediatico”.
Un po’ tutti i personaggi coinvolti hanno trovato una fine violenta o quantomeno misteriosa, compreso Pietro Pacciani, per cui, restando la vicenda non del tutto chiarita, ha cominciato a farsi strada l’ipotesi che ci fossero altri mostri da scoprire, in libertà, e che gli assassini uccidessero per qualche forma di rito esoterico, in un giro di sette segrete, di orge e di messe nere, con tutta probabilità perfino a pagamento per conto di qualcuno [gli omicidi erano considerati “lavori”]: potrebbe essere stato un medico, Francesco Narducci, la cui presunta morte per annegamento resta un mistero [si ipotizza perfino che sia solo scomparso dalla circolazione].
Il fumetto, di un realismo sintetico e a volte appena abbozzato, con tenui colori grigi in varie sfumature, presenta, per forza di cose, alcuni protagonisti e alcuni momenti-chiave, compreso gli inquirenti, in particolare la SAM, la Squadra Anti Mostro, creata ad hoc dalla polizia e dai carabinieri, soprattutto nella persona di Michele Giuttari dal 1995.
Un po’ a sorpresa, però, la combriccola dei “compagni di merende” non viene raccontata dal protagonista che ha stimolato di più la curiosità degli italiani per quella cronaca nera, Pietro Pacciani, ma soprattutto da Giancarlo Lotti, presentato come una persona ignorante e primitiva, non privo di furbizia, colui che ha cominciato a “sfasciare” l’omertà che teneva unito il “branco”: “rapporti complicati per menti così elementari”.
Infatti, le autrici danno uno strano rilievo [nell’economia del fumetto] alla sua omosessualità [negata o non dichiarata], con tanto di descrizione accurata di una sodomizzazione a cui Pietro Pacciani lo avrebbe sottoposto per soggiogarlo psicologicamente, per ricattarlo e per rafforzare la loro complicità nei delitti.
Nel balloon di una vignetta con gli investigatori: “Il quadro è questo: Lotti ha tendenze omosessuali. Pacciani è un ipersessuato, violenta le figlie per anni. Vanni è un iposessuato, violento, forse sadico…”.
Il libro, che in varie riprese ricorda le povere vittime “barbaramente uccise, senza un motivo, senza un perché”, termina con una cronistoria dal 1968 al 2006, approfondita da una nota di Francesca Beghin, Mostro, mostri, e da una bibliografia con segnalazioni, inoltre, di interventi e inchieste in TV, per radio, nel cinema, in precedenti fumetti e in internet.
Fonte – Teatrodomestico, 10 maggio 2010
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