Erano fra la vita e la morte: ecco cos’hanno visto nel tunnel
Venti casi di premorte nel nuovo libro del professor Facco. Le esperienze hanno un elemento comune: la sensazione di pace
PADOVA — Il vecchio maestro Clint Eastwood ha provato a raccontarle nel suo ultimo film, Hereafter. A Padova, invece, uno stimato professore dell’Università con alle spalle oltre 200 pubblicazioni, il 60enne Enrico Facco, docente di Anestesiologia e Rianimazione, le studia sfidando lo scetticismo di parte della comunità scientifica e i limiti della ragione. Sono le esperienze di premorte (o near-death experiences), eventi al confine estremo della scienza, che si pongono tra la vita e la morte, la fisica e la metafisica, il corpo e l’anima. Ora il professore, però, ha deciso di pubblicare un libro nel quale sostiene che «l’incidenza, l’epidemiologia e le caratteristiche cliniche delle esperienze non consentono più di liquidarle come sporadici fatti da relegare al campo della parapsicologia, della psichiatria o privi di un reale interesse scientifico. E che esse quindi costituiscono una vera e propria intrusione di elementi metafisici nella scienza medica, mettendone a dura prova le capacità di interpretazione». La questione, dunque, è destinata ad aprirsi e a suscitare un ampio dibattito. Nel suo saggio (Esperienze di premorte. Scienza e coscienza al confine tra fisica e metafisica. Edizioni Altravista, 490 pagine), Facco presenta con rigore venti casi di esperienze premorte da lui stesso raccolti (i racconti sono stati registrati su nastro e poi catalogati per intensità in base alla cosiddetta scala di Greyson). Le testimonianze sono nitide, a tratti impressionanti e racchiudono tutte elementi comuni. Cioè la sensazione di grande pace e tranquillità, l’attraversamento di un tunnel buio, l’incontro con altri esseri, spesso persone care decedute, la revisione «panoramica» della propria vita, il ritorno alla vita ordinaria nel proprio corpo, spesso accompagnato da un sentimento di disagio e di rimpianto per la condizione di grande benessere e serenità vissuta.
In molti casi inoltre il soggetto ricorda di aver percepito una fuoriuscita dal proprio corpo (Extra body experience). La più incredibile di queste esperienze extracorporee è quella di un uomo ricoverato in rianimazione per arresto cardiaco a cui un’infermiera aveva rimosso la dentiera prima dell’intubazione e l’aveva riposta nel carrello. «Quando la stessa infermiera alcuni giorni dopo è entrata nella stanza – riporta Facco – il paziente immediatamente l’ha riconosciuta dichiarando che era stata lei a togliere la dentiera dalla sua bocca e ha indicato il posto dove essa ancora si trovava. Tutto ciò descrivendo le manovre dall’alto». Alla fenomenologia delle esperienze, il professore fa seguire un’analisi statistica. «Il 30% dei pazienti ha avuto Nde in seguito a trauma cranico – scrive – il 20% in seguito a patologie cardiache ed il rimanente 50% in seguito ad altre cause, come shock, embolie, patologie sistemiche». Si legge, inoltre, che circa il 10% dei pazienti intervistati è stato sottoposto a terapia con psicofarmaci per aver cercato di comunicare al medico curante quanto avevano vissuto durante la loro esperienza. Nella seconda parte, Facco tenta invece di affrontare il tema delle esperienze di premorte anche da un punto di vista fisico, filosofico e religioso, fornendo spunti affascinanti. Il saggio non offre alcuna risposta definitiva alle Nde, ma suscita dubbi e interrogativi. «La realtà interna ed esterna – afferma il professore – è infinitamente più ampia, ricca e misteriosa di quanto comunemente non si sia portati a credere. E la rigida divisione dualistica tra mente e corpo, vita e morte, spazio e tempo, è solo un modo della coscienza ordinaria di classificare gli oggetti dell’esperienza».
Fonte – Corriere Veneto, articolo di Giovanni Viafora, 11 gennaio 2011 (ultima modifica: 12 gennaio 2011)
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