EmDrive, il motore della NASA impossibile per la Scienza

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di Enrico Baccarini© – Un team di ricercatori del “Naval Research Laboratory” (NRL) e del “Naval Center for Space Technology” (NCST) della U.S. Navy sta conducendo analisi e test su un nuovo sistema di propulsione denominato EMdrive allo scopo di verificare se la spinta rilevata durante gli esperimenti condotti da White ed altri ricercatori sia reale o invece frutto di errori di misurazione. Un primo paper scientifico a riguardo è stato pubblicato recentemente da Michael McDonald. Ecco il link all’articolo scientifico  mentre qui potrete trovare qualche informazione in più su McDonald e i suoi studi.

Cerchiamo di capire meglio a cosa ci stiamo riferendo perché se questa tecnologia, come sembra, sarà realizzabile nel prossimo futuro potrebbe letteralmente sovvertire le nostre capacità di volo interstellare, nonostante al momento sembri violare alcune leggi della fisica.

L’EmDrive, abbreviazione di Electromagnetic Drive, costituirebbe un sistema di propulsione letteralmente rivoluzionario, allo studio ormai da anni nei laboratori della “Marina Militare” statunitense e i cui dettagli sono recentemente svelati da alcuni ricercatori esperti degli Eagleworks Laboratories  della Nasa con la pubblicazione di un articolo scientifico sottoposto (come sempre avviene e quindi validato nel metodo e nella teoria) ad un peer review e successivamente pubblicato sulle pagine del Journal of Propulsion and Power, rivista ufficiale dell’American Institute of Aeronautics and Astronautics (AIAA).


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L’Electromagnetic Drive venne “ipotizzato” e “realizzato” per la prima volta dall’inventore inglese Roger Shawyer nel 1999. In base al suo progetto, il motore sarebbe stato in grado di convertire energia elettrica in accelerazione senza alcun bisogno di espellere propellente nella direzione opposta al moto, così come avviene nei normali (e fino ad oggi unici) sistemi di propulsione convenzionali.


La teoria, ovviamente, destò profondo scalpore nonché grande scetticismo nella comunità scientifica internazionale che tacciò lo stesso  Shawyer come un ciarlatano ma in base alle ultime sperimentazioni, e come sovente avviene, sarà la stessa Comunità Scientifica a doversi ricredere e quantomeno a dover ritrattare le proprie posizioni perentorie.

Shawyer, l'inventore dell'EmDrive.

Shawyer, l’inventore dell’EmDrive.

Durante un’intervista rilasciata nell’aprile del 2015 a Ibmtimes, Shawyer ha ribadito la fondatezza delle proprie ipotesi rigettando l’idea che queste contrastino con i principi fondamentali della fisica e affermando “I miei risultati sono in accordo con le leggi della fisica. Per di più, ci sono svariate istituzioni scientifiche competenti in diverse nazioni del mondo che stanno supportando il mio lavoro. In Cina ne è già stata dimostrata l’efficacia. E al momento stiamo già lavorando alla seconda generazione del motore, che ne aumenterà le prestazioni di cinque ordini di grandezza”.

Se l’accademismo aveva rigettato questa ipotesi comunque svariati studiosi in tutto il mondo, non ultima la Naval Research Laboratory statunitense…, si erano interessate all’EmDrive non solo ricontrollando la parte teorica ma iniziando a costruire e a condurre test e sperimentazioni su questo avveniristico sistema propulsivo per validarne l’attendibilità e valutarne le possibili prestazioni. Non ultima la stessa NASA ha dimostrato il suo interesse nel 2016 facendosi affiancare dagli Eagleworks Laboratories che hanno costruito una versione in scala ed iniziato ad effettuare i primi veri test dinamici sul propulsore e la sua accelerazione.

I primi risultati iniziarono a trapelare già agli inizi di novembre 2016, prima cioè della pubblicazione ufficiale del lavoro sulla rivista della AIAA, dimostrando empiricamente che effettivamente il motore produceva una spinta di 1.2 millinewton per kilowatt di accelerazione nel vuoto!!!

I primi test condotti dagli Eagleworks Laboratories.

I primi test condotti dagli Eagleworks Laboratories.

Parallelamente ai test, nella comunità scientifica degli ingegneri aerospaziali e dei fisici era scaturito un dibattito acceso che dichiarava impossibili i risultati ottenuti, soprattutto in violazione della Terza legge di Newton, quella che volgarmente ci dice e stabilisce che ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Per questi studiosi era impossibile credere, anche sperimentazioni alla mano, che l’EmDrive fosse in grado di produrre un’accelerazione nel vuoto senza utilizzare alcun carburante e potesse quindi, un domani, portare un’astronave su Marte in 70 giorni.

Il prototipo del motore EmDrive allo studio presso la NASA.

Il prototipo del motore EmDrive allo studio presso la NASA.

Il problema fondamentale è che il principio di funzionamento dell’EmDrive viola la terza legge di Newton e quindi o questa è sbagliata oppure esiste un errore nascosto nei calcoli della Nasa. Attualmente la comunità scientifica internazionale propende per la seconda ipotesi ma non si nega la possibilità che la violazione delle leggi della fisica possa essere altrettanto possibile. In fin dei conti la nostra specie è solo agli albori di una evoluzione che non ci permette di conoscere quali e quanti traguardi potremo raggiungere nel futuro!

I dati di accelerazione relativi alla propulsione in avanti e all’indietro suggeriscono che il sistema funzioni [nel vuoto] a 1.2 ± 0.1 mN/kW, molto vicino alle performance medie misurate in aria. Sono state considerate e discusse diverse possibili fonti di errore.

Vediamo di capire un po’ meglio a cosa ci troviamo davanti. Un propulsore che sfrutti l’Effetto Hall, ovvero un tipo di motore in cui il propellente viene accelerato da un campo elettrico, è in grado di generare una forza dell’ordine di circa 60 millinewtons per kilowatt (un’ordine di grandezza superiore rispetto a quello generato dall’EmDrive) il fatto è però che l’effetto Hall necessità comunque di propellente, mentre l’EmDrive no. Se si  provasse inconfutabilmente l’efficacia dell’EmDrive, saremmo davanti ad una vera e propria rivoluzione senza precedenti nel campo scientifico e dell’industria aerospaziale perché avremmo a disposizione un propulsore in grado di generare spinte sempre più potenti ma soprattutto senza bisogno di propellente… e quindi potremmo costruire velivoli in grado di non portarsi più dietro enormi riserve di propellente per viaggiare nello spazio.

L’EmDrive è fondamentalmente una cavità metallica conica in cui sono fatte rimbalzare delle onde elettromagnetiche. Dal punto di vista fisico, la radiazione elettromagnetica non ha massa, ma è dotata di  un momento e, secondo Shawyer, i fotoni che trasportano la radiazione elettromagnetica, rimbalzando contro la parte anteriore del motore, genererebbero un’accelerazione positiva in avanti senza alcuna necessità di espellere carburante nella direzione opposta. L’esempio più calzante per comprendere questo motore è immaginare di riuscire ad accelerare un’auto semplicemente colpendo ripetutamente il parabrezza anteriore dall’interno.

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L’obiettivo principale dello studio appena pubblicato non è stato comunque quello di trovare una spiegazione al meccanismo in grado di far funzionare questo avveniristico sistema propulsivo quanto piuttosto di valutarne l’efficacia e la sua realtà. Gli autori dell’articolo hanno individuato un’ipotesi denominata pilot-wave theory, che chiama in causa la meccanica quantistica alla base di questo sistema.

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Al momento il punto nodale della questione è capire se questo sistema propulsivo violi o no la III° Legge di Newton perché, se l’EmDrive funzionasse davvero, produrrebbe un’accelerazione (misurata comunque dagli autori dell’articolo), che violerebbe la terza legge laddove il motore genererebbe una spinta senza dover espellere propellente nella direzione opposta.

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Possiamo solo aspettare che il prossimo futuro ci riservi la piacevole sorpresa di vedere lo studio sull’EmDrive proseguire verso lidi che potranno portarci a costruire nuovi sistemi propulsivi in grado di farci viaggiare nel cosmo. Le basi sono state già poste, come sempre è avvenuto ciò che manca è la tecnologia necessaria per realizzarla ma a quanto sembra non manca molto.


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