Chinon, le segrete dei Templari
Chinon è invisibile, sulla collina, la prigione dei cavalieri di Dio. L’ ha inghiottita la pioggia, e uno strato di nubi atlantiche che dall’ imbrunire ristagna compatto sopra il fiume. Nessuna traccia, a Chinon, della sinistra muraglia dietro la quale sette secoli fa il gran maestro dei Templari Jacques de Molay fu chiuso e torturato, insieme ad altri dignitari, prima di essere messo al rogo. è l’ epicentro di una storia terribile, e di una leggenda nera che risveglia ancora furibonde passioni. Alle nove di sera, sotto il maniero, il silenzio è così totale che par di sentire le pendole nelle case. A quell’ ora sulla vecchia Francia scatta il coprifuoco, e a Chinon il tempo si ferma. Palazzi in tufo giallino, vecchi hotel deliziosamente fané, odore di limo fluviale, antichi selciati e una nebbia dove ci si perde come in un bicchiere di Pernod. Per strada, solo un ubriaco, che parla da solo sotto un terrificante monumento a Giovanna d’ Arco, in groppa a un cavallo indemoniato che pare trascinarla all’ inferno più che al cospetto di Dio.
«Ma lei che ci va a fare a Chinon? Dei Templari non è rimasto niente», mi hanno avvertito a Parigi. A sentire gli studiosi la Francia sembra il posto meno adatto d’ Europa a ritrovare i monaci guerrieri. Tutto sembra spazzato via dalla persecuzione, che qui ebbe il suo micidiale epicentro. Ma ci si mise di mezzo anche la Rivoluzione, che fece a pezzi ciò che restava. A partire dal “tempio” di Parigi, trasformato in prigione dall’ ancien régime e poi abbattuto come la Bastiglia. Tutto, nel viaggio, è sembrato depistarmi da questo luogo maledetto. La pioggia, l’ inferno delle tangenziali parigine, i saliscendi infiniti della Francia profonda, i boschi labirintici dopo Orléans, oltre la Loira, dove son finito davanti ai cancelli di una centrale nucleare, e poi sulla strada – sbagliata – di Laudun, la città dei “diavoli” e del rogo per stregoneria. In fondo, questo villaggio nella pioggia che pare in capo al mondo. In posti così addormentati sette secoli non sono niente, e forse tutto cominciò in una notte così, il 13 ottobre 1307, quando gli sgherri del re – sguinzagliati nello stesso momento in tutta la Francia – uscirono per le strade per arrestare migliaia di monaci-guerrieri con l’ accusa di eresia, usura, sodomia e altro.
«Un crimine orribile, lamentabile, detestabile, esecrabile, inumano e abominevole», così Filippo il Bello nell’ apocalittica ordinanza che in gran segreto fece scattare il primo rastrellamento su vasta scala della storia. Li presero tutti, per mettere le mani sul loro tesoro. Li separarono in prigioni diverse, li torturarono col fuoco e li obbligarono a confessare le stesse cose. Il mattino dopo un rumore di chiavistelli mi strappa alle fantasticherie mentre aspetto nella pioggia, sotto la fortezza. è madame Esnard, la guida, che si scusa per la quantità enorme di lucchetti da aprire. Annuncia che il torrione di Coudray, dove fu incarcerato il gran maestro, è chiuso da mesi – me la sentivo – e per visitarlo ci vuole un permesso da Tours. Spiega che a Chinon trionfa la leggenda di Giovanna d’ Arco, che qui fu investita della sua missione dal re di Francia. Per i Templari non viene quasi nessuno. è strano, racconta, perché ci sono graffiti di prigionieri. Mani, cuori raggianti di luce, scudi e croci, che hanno fatto impazzire cercatori di simboli come Louis Charbonneau e il grande René Guénon. A Chinon, è vero, non è rimasto niente. è il luogo meno templare che ci sia. Ma i muri, quelli sì, parlano eccome, a strapiombo sulla Vienne, sulla collina crivellata di grotte, mascella cariata sopra i vigneti della Turenna. Entriamo in un labirinto di gallerie, passerelle e ponteggi formicolanti di operai: a Chinon è in corso un restauro, uno dei più grandi d’ Europa, un’ operazione da quattordici milioni di euro, e la prigione dei Templari è là in mezzo, sigillata da un recinto, dimenticata nella pioggia. Un dentone cilindrico in tufo che affonda nella gengiva della collina per una profondità che pare collegarlo all’ altro mondo.
Intanto da Tours arriva il via libera: aprono il torrione solo per noi. Entriamo con torce elettriche, molti dei graffiti possono essere letti solo così. Sotto un soffitto esagonale, formano un puzzle sulle pareti, seguono la sequenza dei pietroni di tufo come le pagine di un libro. I più noti sono all’ ingresso sulla sinistra, protetti da una teca di vetro. «Lì dentro», sorride madame Esnard, «una femmina di pipistrello è venuta a ripararsi la scorsa stagione». La torcia illumina gigli, scudi, asce, costellazioni, figure di santi, croci con la base a scalini. Ma appena gli occhi si abituano al buio, ecco apparire ragnatele di iscrizioni meno profonde, addensate nelle tre feritoie aperte sul versante sud del torrione. Nel contorno di un vascello sta scritto: «commanda eis philipe rege papa clemens quintus diabolis et dragonibus». Che significherebbe: papa Clemente e re di Francia Filippo, siete stati mandati dal diavolo e dal dragone. Filippo è definito “il falsario”. Niente di esoterico: è la maledizione di uomini comuni, con le loro rabbie e le loro paure. Finemente incisi, i nomi di possibili progionieri: Jehan Galubia, Geoffroy Verceil, Besancon Philippe, Pierre Safet cuciniere del maestro del Tempio.
«Da qualche parte, in fondo alla feritoia più occidentale», spiega la guida, «c’ era la firma di Jacques de Molay, ma ora non si riesce più a leggerla». Racconta che i graffiti sono stati inventariati solo trent’ anni fa da un certo Yvon Roy, che li vide quando caddero i primi intonaci. Ma gli storici non si fidano, perché lo scopritore «venne lasciato solo per mesi a lavorare nella torre» e si teme abbia manipolato qualcosa per aggiungere prove in favore dei Templari. Il problema è che nessuno, ancora, ha trovato prove “contro” l’ autenticità degli straordinari graffiti di Chinon. In fondo al finestrone centrale, oltre un tappeto di escrementi di pipistrello: «Nous sommes amenes devant l’ inquisiteur de france humbert paris qui tortura les freres», siamo portati davanti all’ inquisitore Umberto che ha torturato i fratelli. E ancora, un po’ più in alto, oltre a un ferro di cavallo: «Abbiamo ricevuto colpi di frusta da Robert Fribault che è il boia del re~». E, infine, su una pietra in alto a sinistra della feritoia orientale: «Robert Talmont, precettore di Francia, è morto a Chinon per le torture infertegli». Per leggere, bisogna mettere la torcia lateralmente, per esaltare l’ ombra nelle fessure. Ma tutto è fantasticamente chiaro, ed è forse per questo che gli storici non si fidano ancora e la Soprintendenza ha preferito lasciare i graffiti nell’ ombra. Fuori piove ancora, dall’ alto della muraglia le isolette della Vienne sembrano risalire la pigra corrente come chiatte oceaniche. I muri parlano?
«La realtà è che, dopo tutto il polverone sui Templari, c’ è ancora tanto da sapere e tanti documenti da setacciare», brontola Alain Demurger, maxi-esperto francese sul tema, prima di consigliarmi una buona cantina da vino. è scettico sui graffiti di Chinon; preferisce lavorare sugli atti del processo, una documentazione più che sufficiente. Ma la conclusione non cambia: i cavalieri di Dio erano «gente comune», non «extraterrestri». Militari e monaci, reclute e novizi insieme, avevano il loro inevitabile “nonnismo”, ed è a quei vizi che s’ è aggrappato il re per le sue accuse. Colpevoli o innocenti? La Francia – giurano qui – è ancora spaccata in due.
Fonte – La Repubblica, 07 ottobre 2007, pagina 32 sezione: CULTURA, articolo di Paolo Rumiz
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MISTICA TEMPLARE
durata: 1h 19′
Mediaframe, 2008
€ 14,90
I “Poveri Cavalieri di Cristo e del Tempio di Salomone”, più noti come Cavalieri Templari,sono conosciuti anzitutto per le loro qualità di guerrieri crociati, e per alcune ipotesi storico-alternative che li vogliono scopritori di antichi tesori. Ma in realtà, i Templari erano anzitutto dei religiosi: un Ordine di monaci immersi in una vita di contemplazione edesoterismo.
Riscoprire il senso religioso e mistico dei Cavalieri Templari, significa forse riportare la questione a parametri che le sono autenticamente propri. In questo documentario, analizzando gli aspetti simbolici della storia, dei riti, delle architetture dell‘Ordine, gli autori adottano chiavi di lettura teologiche, mitologiche e psicoanalitiche. Attraverso questa amplificazione, si ha un’idea del potenziale energetico dell’immaginario templare, che tanto ha ispirato fantasie e fraintendimenti.
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