Area 51, cade la censura del silenzio? Un documentario e un libro svelerebbero i suoi segreti…

di Enrico Baccarini© – Come diceva Antonio Lumbrano, “la domanda sorge spontanea“! Perchè ora? E perchè tutto insieme? L’argomento che andremo ad affrontare in questo articolo potrebbe davvero cambiare lo status quo di una buona parte delle nostre credenze nei programmi di retroingegneria aliena attuati dal governo statunitense come anche la considerazione su molti fatti ad oggi conosciuti?

Ne hanno parlato recentemente il giornalista de il Corriere della Sera Flavio Vanetti su Mistero bUFO e Roberto Matteri su Duerighe ma nuove sconcertanti informazioni sono filtrate in questi ultimi giorni e riteniamo fondamentale proporveLe in anteprima.

Per National Geographic Channel, e all’interno della serie When Aliens Attack, una troupe televisiva patrocinata dal produttore Peter Yost (collaboratore delle più grandi redazioni televisive del mondo, tra cui NBC News, Discovery-Times, National Geographic e molti altre) è riuscita ad ottenere i permessi, per la prima volta nella storia, per entrare nella famosa Area 51, la base più segreta al mondo, meta agognata da ogni ufologo, filmando ed intervistando alcuni suoi ex dipendenti e addirittura un suo ex comandante.

Si avete letto bene!

Prima di entrare nel merito dell’intera questione vorrei però formulare a tutti Voi una domanda che si è fatta sempre più pressante in mé man mano che cercavo di indagare il caso e trovarne conferme o smentite. Personalmente trovo alquanto sospetto tutto questo movimento di mezzi e informazioni, un documentario e anche un libro scritto dalla statunitense Annie Jacobsen tutti e due dedicati all’Area 51 e usciti a distanza di pochissimo tempo.

Voyager, Rai2, 31 maggio 2011

Il messaggio che filtra chiaramente in entrambi i casi è che questa base non abbia mai ospitato UFO caduti ma sia stato il luogo in cui si sperimentavano e si studiavano nuovi velivoli e sistemi di propulsione avveniristici. Fino a un decennio fa l’Area 51 non esisteva neanche e la sua presenza veniva negata decisamente dalle stesse autorità. Ben venga, era la base più segreta al mondo e non vi è dubbio che i velivoli sperimentati al suo interno necessitassero della massima segretezza (pur se dal ’68 esisteva una foto satellitare russa che ritraeva la base)! Abbiamo iniziato a conoscere la base e a collegarla al fenomeno UFO già dalla fine degli anni ’80 quando diversi ex dipendenti iniziarono a parlare della sua esistenza e degli studi di retroingegneria che venivano fatti su dischi precipitati. Prove a supporto di questa ipotesi possono essere solo indirette ma talmente pressanti che hanno indotto tutto il mondo a ritenerle plausibili.

Usando la logica il governo statunitense nasconderebbe e studierebbe gli UFO precipitati in una base super segreta, lontano da occhi indiscreti e con la massima autonomia possibile. In tutti questi casi l’Area 51 fa’ al caso nostro. Anzi, meglio, loro.

È inutile negare l’evidenza, questo luogo cela più domande di quante risposte siano trapelate in questi ultimi anni. Allora perché parlare solo oggi di velivoli segreti, già noti da decenni come l’SR-71? Perché scrivere un libro con una tesi che sembra reggersi su dei ramoscelli secchi e permettere di filmare la base? A nostro giudizio per tentare una volta di più di far credere al grande pubblico che gli UFO son tutte baggianate e ancor di più che di UFO caduti se ne possono occupare solo coloro che hanno visto troppi film di fantascienza.

Ma vediamo come l’intera questione si è sviluppata. Tutto ha origine attraverso Annie Jacobsen, giornalista investigativa del Los Angeles Times Magazine. Attraverso un suo parente acquisito, il fisico Edward Lovick, la Jacobsen avrebbe appreso i nomi di alcuni ex dipendenti che nei decenni passati avrebbero lavorato all’interno dell’Area 51. Lowick stesso aveva collaborato per molto tempo con il Pentagono proprio su progetti segreti per lo sviluppo di aerei come l’U-2, l’Sr-71 e il caccia stealth F-117. Compresa l’importanza di quanto acquisito la Jacobsen contatta questi ex colleghi di Lovick che si rendono subito disponibili a parlare con la giornalista, primi nella storia a quanto ne so, e in un caso in particolare e a nome di tutti un ex dipendente si dichiara disposto addirittura a violare il segreto di stato (che in questi casi prevede la pena di morte) affermando di non avere più nulla da perdere data la sua veneranda età. Certamente il governo non perseguirebbe un ottantenne…

Nasce così il libro “Area 51: An Uncensored History of America’s Top Secret Military Base” della Jacobsen. Ancor più sconcertanti sono le dichiarazioni che ne vengono fuori, un mix di materiale certamente genuino (come la tecnologia rubata alla Germania nazista) condito con affermazioni paradossalmente incredibili.

Secondo quanto pubblicato, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, nella corsa tedesca per creare armi in grado di garantire la supremazia nazista contro gli Alleati, due geniali fratelli, gli Horten, avrebbero costruito un modello di caccia tutta-ala, simile ad un disco volante.

Attraverso il Progetto Paperclip, parte della tecnologia e delle menti del Reich finì nelle mani statunitensi (come nel caso di Von Braun che diede il via alla corsa spaziale con il progetto Apollo). Nel caso dei fratelli Horten i loro avveniristici aviogetti sarebbero finiti invece in mani sovietiche che, sempre secondo quanto divulgato dalla Jacobsen, piuttosto che impiegarli per usi bellici per diretto volere di Stalin sarebbero stati utilizzati per “finalità di disinformazione e guerra psicologica mirate a confondere la formidabile macchina militare difensiva USA e la stessa società americana”.

Peccato che gli stessi Stati Uniti avessero già, parallelamente, sviluppato anche loro velivoli tutta ala come nel caso dell’XB-35. Niente di nuovo sotto il sole quindi, e personalmente riteniamo difficile che gli USA si facessero prendere così facilmente per il naso dall’Armata Rossa.

Secondo le fonti della Jacobsen “l’obiettivo fu brillante”, al punto da riuscire a distrarre le difese statunitensi con fenomeni strani ed inconsueti, ovvero gli avvistamenti UFO…

Roswell? In questo fantastico quadro non sarebbe stato altro che lo schianto di un velivolo sovietico, identificato con il modello Horton Ho 229, telecomandato ed ospitante degli esseri umani dalle fattezze adolescenziali, “probabilmente deformi dalla nascita”, secondo la Jacobsen, ma oltretutto “truccati e sottoposti a mostruosi esperimenti medico-chirurgici, così da assumere un aspetto macrocefalo, membra deformi ed enormi occhi” creati grazie alla collaborazione di Josef Mengele (che storicamente si trovava già in Sud America da qualche anno cercando disperatamente di sfuggire ad un mandato di cattura internazionale). Gli americani sarebbero quindi stati tanto disorientati  al punto da credere di aver recuperato una nave e dei corpi extraterrestri, mangiando la foglia a tal punto da cercare di ricreare questa tecnologia.

Dopo tutto questo tempo sarebbero bastati esami del DNA per capire il trucco, ma ancor più che la nave recuperata era il prodotto di una tecnologia terrestre…

La tesi che vede come obiettivo un complotto diretto personalmente da Stalin teso a spaventare gli americani ci sembra alquanto inconsistente e veramente fanciullesca. Già quando si iniziò a parlare del caso Roswell si ipotizzò un possibile zampino sovietico, pur se non in questi termini e con dettagli di questo tipo che risultano del tutto inverosimili. Questa tesi fu però subito accantonata in quanto ritenuta del tutto destituita da ogni possibilità. Nel caso la Jacobsen avesse ragione, in via del tutto teorica, decadrebbero poi automaticamente le ‘scuse ufficiali’ fino ad oggi sostenute dal governo americano, prima tra tutte che il crash di Roswell fosse un pallone sonda del progetto Mogul.

A ciò si aggiunge una constatazione interessante fatta da Roberto Matteri su Duerighe, “ da un mesetto, ormai, si sta parlando del caso Roswell (ricordate la vicenda degli archivi Fbi liberati dai vincoli di segretezza? Oppure il filmato dell’alieno vivo?) e ora si aggiunge la visita all’Area 51; sarà un caso?

L’Area 51 ha realmente svelato i suoi segreti? Pensiamo proprio di no, un nuovo panettone documentaristico sembrerebbe volerci far credere il contrario ma le evidenze contrapposte a quanto presentato sono troppo corpose e consistenti. Non vi è dubbio che nei 26 mila km2 della base di Groom Lake, non tutti i suoi lavoratori abbiano avuto accesso alle sperimentazioni più sensibili e con questo possiamo credere alla buonafede  di alcune testimonianze ma non ci facciano credere alla tesi della Jacobsen! E’ una vera e propria offesa al nostro intelletto ma anche alle palesi prove accumulatesi nel tempo.

3 giugno 2011
Enrico Baccarini

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