Cartesio ucciso da un’ostia? Realtà e fantasia a confronto

Commento di Enrico Baccarini Sta facendo molto scalpore l’ipotesi contenuta nel libro dello studioso dell’universita’ di Erlangen, Theodor Ebert, secondo cui il grande matematico (ed esoterista) René Descartes, conosciuto come Cartesio, sarebbe stato ucciso da un’ostia consacrata. La polemica nasce dopo che, a seguito dello studio, si sono levati cori di scettici che hanno cercato in vario modo di confutare questa ipotesi. Riportiamo per i nostri lettori le due faccie interpretative che, ad oggi, sono emerse nel nostro paese. Una querelle storica di notevole fascino che sicuramente farà parlare molto di sé.

Buon lettura!

Cartesio fu ucciso con un’ostia avvelenata ?

Cartesio non mori’ di polmonite ma fu avvelenato con un’ostia della comunione all’arsenico da un padre agostiniano, Francois Viogue’. La sorprendente rivelazione che ribalta la teoria ufficiale sulla morte del grande filosofo francese e’ contenuta nel libro di uno studioso dell’universita’ di Erlangen, Theodor Ebert, i cui risultati sono ritenuti molto attendibili da numerosi colleghi.Secondo il testo, anticipato dallo “Spiegel”, l’assassino era un frate francese inviato dal Papa a Stoccolma come “missionario apostolico” per convertire al cattolicesimo la regina Cristina di Svezia, conversione poi avvenuta nel 1654.

Il settimanale tedesco pubblica numerosi elementi riguardanti la macchinazione messa in atto da Viogue’, il cui odio per Cartesioera cosi’ profondo da rifiutargli in punto di morte l’estrema unzione, poiche’ secondo il professor Ebert “voleva spedirlo all’inferno”. Lo studioso tedesco ha frugato per tre anni negli archivi di Stoccolma e Parigi e ha scoperto un rapporto del medico personale del filosofo, che all’ottavo giorno di malattia diagnostico’ “perdurante singhiozzo, espettorazione di colore nero, respirazione irregolare”, tutti sintomi riconducibili a un avvelenamento da arsenico.

A sostegno della tesi dell’avvelenamento c’e’ anche il fatto che i sintomi della malattia, che dopo dieci giorni porto’ all’altro mondo il filosofo francese, vennero avvertiti poco dopo essersi comunicato, durante una messa officiata nella piccola cappella dell’ambasciata francese a Stoccolma dallo stesso padre agostiniano. “Sarebbe stato un gioco daragazzi mettere un po’ di arsenico nell’ostia destinata alla vittima, con una dose letale di 0,1 grammi”, sostiene l’autore del volume “La misteriosa morte di Rene’ Descartes”, pubblicato dall’editore Alibri.

Il motivo dell’assassinio del filosofo viene visto nel fatto che “a causa del suo insegnamento illuminato, l’incipiente conversione della regina poteva essere messa in pericolo”. In un dispaccio segreto inviato a Roma, Viogue’ aveva scritto della fondata speranza di ricondurre la regina di Svezia dalla religione protestante nel seno della Chiesa cattolica. La tesi dell’assassinio di Cartesio, esposta dal professor Ebert, viene giudicata “estremamente probabile” dallo studioso tedesco Manfred Baum, editore della rivista “Kant-Studien”, studi kantiani, mentre uno dei massimi studiosi tedeschi di Cartesio, Rolf Puster, attesta che Ebert gode di “un’ottima reputazione” in campo scientifico. Puster dichiara al settimanale di Amburgo che nell’intrigo che avrebbe portato alla tomba Cartesiopotrebbe aver giocato un ruolo determinante “il notevole grado di fanatismo di alcuni ecclesiastici”.

FONTE AGI

Nel volume sulla morte misteriosa di Descartes si mette anche l’accento sul fatto che potrebbe essere stato proprio il presunto avvelenatore Viogue’ a favorire la decisione del Papa di vietare gli scritti del filosofo nel 1663. A sostegno della tesi dell’assassinio con l’arsenico il professor Ebert enumera una serie di indizi inquietanti sulla familiarita’ di importanti esponenti della Chiesa cattolica con le pratiche del terribile veleno.

E’ con questo mezzo, infatti, che Papa Alessandro VI e suo figlio Cesare Borgia hanno spedito parecchi loro nemici nell’aldila’, mentre anche Urbano XIII sarebbe stato avvelenato con un’ostia all’arsenico. Il gesuita spagnolo Juan Mariana, morto nel 1624, aveva invece considerato l’arsenico un mezzo lecito per eliminare gli infedeli. Nel volume e’ anche rivelato che all’ottavo giorno della sua malattia, Descartes chiese che gli venisse somministrato del vino con dentro del tabacco, un miscuglio solitamente praticato per riuscire a vomitare. “La cosa ha senso solo pensando che a quel punto Cartesio deve aver sospettato di essere stato avvelenato”, scrive l’autore del volume.

La versione storica sulla morte del filosofo attribuisce invece il decesso ad un’infreddatura che colpi’ Descartes a causa del fatto che dal gennaio 1649 doveva recare in carrozza alle 5 del mattino nella reggia di Cristina di Svezia, per darle lezioni di filosofia, fino a quando il 2 febbraio avverti’ i primi sintomi della sua malattia che si sarebbe rivelata fatale.

Fonte – AGI ,13 November 2009

In risposta a questa nuova ipotesi, sintetizzata nell’articolo sopra riportato, ci sono state risposte confutazionistiche come quella di Mario Arturo Iannaccone apparsa sul quotidiano Avvenire.

UNA « BUFALA » AVVELENATA PER CARTESIO

MARIO IANNACCONE

Sta producendo clamore «La misteriosa morte di René Descartes» di Theodor Ebert, dove si avanza l’ipotesi che la morte del filosofo, nel 1650, sia stata provocata da avvelenamento da arsenico per mezzo di un’ostiaofferta dal prete François Vioguè. Ebert attinge da «Il delitto Cartesio » (Sellerio, 1999) del medico Eike Pies, rispetto al quale precisa meglio arma, movente e mandante, che sarebbe stato papa Innocenzo X; e basa l’ipotesi sulla lettera del medico del filosofo (già citata da Pies) dove si legge che egli soffrì negli ultimi giorni d’un «singhiozzo ostinato, un’espettorazione di colore nero e respirazione irregolare». Il motivo del vile assassinio sarebbe stato il timore che il filosofo e precettore di Cristina di Svezia, «a causa del suo insegnamento illuminato, potesse mettere in pericolo l’incipiente conversione» della regina (bisognerebbe comprendere le implicazioni dell’aggettivo «illuminato», che getta ombre sull’obiettività di Ebert). Vioguè e Innocenzo X si sarebbero sentiti giustificati dall’autorità del gesuita Juan Mariana, il quale «avrebbe considerato l’arsenico un mezzo lecito per eliminare gli infedeli».
Ci sono molti punti che non quadrano in questa ricostruzione.
Primo: nel gennaio 1650 Cristina già non era più luterana e si circondava di cattolici. La sua conversione era sì una vittoria per Roma ma non taleda giustificare un assassinio; ella aveva chiarito che avrebbe lasciato il trono al cugino Gustavo Adolfo. Secondo: tutta la tradizione storiografica giudica Cartesio cattolico sincero, pertanto non si comprende perché la sua influenza avrebbe dovuto minacciare la conversione della regina. Terzo: certo, nella politica del tempo si usavano i veleni ma ipotizzare, senza prove, che Vioguè abbia intriso d’arsenico un’ostia perché già lo avevano fatto i Borgia non è argomento serio.
Soprattutto quando si cita, a corroborare la tesi, «il notevole grado di fanatismo di alcuni ecclesiastici»: col metro di oggi tutta la società del XVII secolo era composta da fanatici.
Quarto: i sintomi esposti da Ebert sono tipici della polmonite che fu diagnosticata al filosofo.
Gli amici che lo assistettero osservarono un sintomo non riconducibile all’avvelenamento: la febbre alta. Da ricordare che egli era da poco entrato in contatto con un malato di polmonite, l’ambasciatore Nopeleen, e l’amico Chaunut era appena guarito da una febbre alta. Quinto: Juan Mariana, che avrebbe giustificato l’uccisione «dell’infedele» con l’arsenico, era conosciuto per il suo «De rege et regis institutione», che però non parla di «infedeli» bensì di «tiranni». Mariana scriveva che sì, è lecito che il popolo chiami il re a rendere conto del suo comportamento quando provoca sofferenze nel popolo; bisogna tuttavia preservare la vita degli innocenti perché il tirannicida mette a rischio la sua anima. Dunque, nessuna giustificazione di omicidi a freddo. Da ricordare, poi, che il presunto avvelenatore confessò Cartesio sul letto di morte amministrandogli l’estrema unzione. In conclusione, e in attesa d’altre ricognizioni, il castello di suggestioni di Ebert non convince. Pare che sia stato affascinato soprattutto dall’immagine simbolica dell’ostia avvelenata e dalla romanzesca, terribile, duplicità del «personaggio» Vioguè. Da far impallidire i gesuiti di Dumas.

Fonte  –  Avvenire, 12 novembre 2009

Leave a Comment