Una nuova tecnologia laser svela la città Maya di Caracol
Fino a poco tempo fa, per studiare e mappare i centri urbani immersi nella vegetazione tropicale, quali alcune città Maya in America Centrale, era necessario aprirsi una varco nella densa foresta con il machete.
Anche le nuove tecnologie di telerilevamento, efficaci negli ultimi decenni nel rilevare altri siti archeologici, non erano di aiuto. L’imaging radar e i rilevamenti topografici multispettrali per via aerea e dallo spazio non potevano “vedere” attraverso gli alberi.
L’anno scorso i coniugi Arlen F. Chase e Diane Z. Chase, professori di antropologia all’University of Central Florida di Orlando, hanno tentato un nuovo approccio utilizzando in volo dei segnali laser che penetrano nella giungla e vengono riflessi dal suolo sottostante. In questo modo hanno ottenuto immagini 3-D del sito dell’antica città Maya di Caracol, in Belize.
I due hanno volato avanti e indietro sulla giungla con un aereo bimotore dotato di una versione avanzata del Lidar (light detection and ranging, rilevamento e classificazione della luce) fornita dalla NASA: l’Airborne Laser Terrain Mapper. In soli quattro giorni, dicono, hanno raccolto più dati che in due decenni e mezzo di cartografia via terra.
Dopo tre settimane di elaborazione di quasi 10 ore di misurazioni laser, i coniugi Chase hanno ottenuto un rilevamento topografico dettagliato di un’area di circa 130 km², individuando grandi architetture, case, strade e terrazze agricole che confermerebbero peraltro la loro stima della popolazione di Caracol al suo apice (550 – 900 d.C.) in 115000 persone.
“Crediamo che il lidar contribuirà a trasformare molto l’archeologia Maya – allo stesso modo della datazione al radiocarbonio negli anni ’50 e l’interpretazione dei geroglifici Maya negli anni ’80 e ’90″, ha detto il dott. Chase.
Il rilevamento di Caracol è stata la prima applicazione della tecnologia laser avanzata su un sito archeologico tanto grande. Il lidar permetterà agli archeologi di velocizzare i rilevamenti e migliorare le ricerche, specialmente per quanto riguarda i siti precolombiani centrale in Messico e in America.
Infatti, le nuove immagini di Caracol hanno sia trovato riscontro con le ricerche effettuate sul campo negli anni precedenti, che permesso di individuare nuove opere dell’uomo che fino ad allora non erano state viste.
I Chase hanno inoltre fatto notare che con le precedenti tecnologie di telerilevamento non era possibile rilevare molto attraverso la fitta vegetazione, col risultato che la grandezza di molti siti Maya potrebbe essere sottostimata.
Non si pensa però che il lidar trovi un’applicazione universale: per esempio, nel sito precolombiano di Cerén (El Salvador) lo strato di cenere vulcanica è troppo spesso per essere penetrato dal laser.
Altre tecnologie moderne, inclusa la produzione di immagini tramite radar e satellite, stanno già funzionando ad Angkor, sul delta del Nilo e per gli antichi sistemi di irrigazione in Iraq.
Il programma della NASA, oltre ai test di Caracol, include altri due siti Maya, insediamenti in Nord Africa e antiche rovine nella valle del fiume Mekong e intorno ad Angkor Wat.
Fonte – The New York Times, National Geographic & Il Fatto Storico, 14 maggio 2010
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