Rianalizzati i dati di Viking del 1976: evidenze di attività microbica
Ricerca diretta da Giorgio Bianciardi dell’Università di Siena con colleghi americani
Dopo 36 anni rivisti con nuove tecniche i dati delle sonde Nasa. I risultati confermano l’esistenza di attività microbica
MILANO – Da un nuovo tipo di analisi, squisitamente matematica, sui dati raccolti 36 anni fa (1976) dalle sonde americane Viking che atterrano su Marte, arriva una risposta sorprendente: il pianeta rosso ospita forme di vita elementari a livello microbico. Il nuovo studio è stato coordinato dall’italiano Giorgio Bianciardi, docente all’Università di Siena, in collaborazione con Gilbert Levin dell’Arizona State University, a suo tempo principal investigator di uno degli esperimenti Viking, e con Joseph Miller neurobiologo dell’Università del Sud California.
VIKING – Pubblicato sull’ultimo numero dell’International Journal of Aeronautical and Space Sciences, l’articolo è destinato a riaccendere le polemiche sul controverso e ricorrente problema dell’esistenza di vita su Marte. Una rievocazione preliminare è d’obbligo, dato il tempo trascorso. Nel 1976 il nostro vicino di casa planetario fu visitato da due sonde della Nasa, le Viking appunto. Entrambe misero un orbiter attorno a Marte, destinato a fotografarlo da vicino; entrambe fecero poi atterrare due lander, uno all’equatore, l’altro a circa 6 mila km più a nord. Fu una delle imprese più spettacolari e fortunate della storia dell’esplorazione automatica dello spazio. Dai lander venne fuori un braccino che raccolse un po’ di terriccio marziano e lo sottopose a quattro tipi di esperimenti diversi, tutti miranti a stabilire se sul pianeta c’è attività biologica, almeno a livello elementare.
ESPERIMENTI – In un esperimento il terriccio fu riscaldato e i gas che liberati vennero analizzati con spettrometri di massa; in un altro, al campione marziano furono aggiunte sostanze nutrienti e, anche in questo caso, analizzati i rilasci gassosi. Negli altri due esperimenti i nutrienti contenevano un isotopo del carbonio (14C) come tracciante per seguire gli eventuali processi di elaborazione delle sostanze da parte dei presunti microbi marziani. Ebbene, solo l’esperimento denominato Labeled Release (rilascio marcato) diede risultati positivi, con la liberazione di piccole quantità di anidride carbonica marcata dall’isotopo radioattivo (14CO2), subito dopo l’aggiunta di un brodo nutritivo. Secondo i coordinatori del test, era la prova che microorganismi presenti nel terriccio avevano metabolizzato i nutrienti. Poiché gli altri tre tipi di analisi non furono risolutivi, si pensò che Labeled Release fosse stato ingannato da processi ossidativi fisico-chimici che non c’entravano niente con il metabolismo di eventuali batteri marziani.
CONTROVERSIA – Lì per lì la questione fu chiusa con la conclusione che non c’era evidenza di vita su Marte. Ma da allora si è sviluppata una controversia scientifica che, periodicamente, vede i sostenitori dei risultati positivi portare nuove elaborazioni dei vecchi dati a sostegno delle proprie tesi. Così, Gilbert Levin, l’ormai anziano papà di Labeled Release, ha colto la palla al balzo quando ha saputo che il ricercatore italiano Giorgio Bianciardi, esperto di sistemi caotici applicati alla biologia, stava applicando un modello matematico in grado di distinguere un processo fisico-chimico dal più complesso processo metabolico di un microorganismo. È nata una collaborazione che ha visto Bianciardi come coordinatore e primo firmatario del nuovo progetto di rielaborazione dei dati raccolti dal Viking; Levin e Miller come co-autori.
NUOVA ANALISI – «La questione è stata riaperta anche alla luce della recente consapevolezza che gli altri tre esperimenti su Viking diedero risultati problematici a causa della scarsa sensibilità», spiega Bianciardi. «Dopo aver lavorato intensamente al recupero dei dati ormai vecchi e in parte abbandonati, abbiamo sottoposto ad analisi le variazioni di anidride carbonica misurate, all’epoca, sui campioni di suolo marziano. È stato risolutivo», aggiunge Bianciardi, «il confronto delle oscillazioni caotiche registrate nel terreno marziano con quelle osservate su campioni di terreno terrestre, sia popolato da forme di vita, sia sterilizzato. Ora possiamo concludere che sui campioni analizzati da Labeled Release ci fossero attività biologiche».
FUTURE MISSIONI – Ovviamente l’ultima parola spetterà alle future missioni marziane che prevedono la ricerca di vita elementare su Marte, come Curiosity che atterrerà in agosto e potrà individuare, fra l’altro, molecole organiche complesse, e Astrobiology Field Laboratory, la cui discesa è prevista attorno al 2016, e che sarà capace di analisi molto più raffinate e risolutive.
Fonte – Il Corriere della Sera, art. di Franco Foresta Martin, 17 Aprile 2012
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