L’I Ching: un sapere antico codificato in un un libro di tremila anni?
di Enrico Baccarini e P. C.©
ARCHEOMISTERI, n° 6 Nov./Dic. 2002
Corrispondenze matematiche dai valori fortemente simbolici si riscontrano sistematicamente nelle più varie disposizioni schematiche degli esagrammi dell’I Ching.
LA STORIA
L’”I Ching”, in giapponese “I King”, è un antichissimo libro sacro cinese il cui titolo significa “Libro dei Mutamenti”.
Secondo la storiografia ufficiale, fu scritto intorno al 1000 a.C., tuttavia, probabilmente, è più antico, difatti, alcuni studiosi ritengono che abbia circa cinquemila anni e sia quindi il libro più antico della storia dell’uomo.
La stesura dell’I Ching è, in parte tradizionalmente ed in parte storicamente, attribuita a quattro saggi: il leggendario grande iniziato e sovrano della Cina Fû Hsî (1), il saggio re Wên, suo figlio, il duca di Chou e K’ung Fu Tzu (letteralmente, maestro K’ung), meglio noto in Occidente come Confucio (Chüehli, Shantung, 551 c. – Chüfu 479 a.C.) (2).
La leggenda narra che l’insegnamento originale dell’I Ching, prima ancora di essere trascritto sulle pergamene, fu impartito da Fû Hsî nella notte dei tempi. Tuttavia, gli studiosi hanno rilevato nel testo frammenti di sapere estraneo al tradizionale sistema filosoficoreligioso cinese, fatto, questo, che ne rende ancora più oscura l’origine e quindi estremamente difficile l’esatta datazione.
Nuwa e Fuxi dipinti sui murali della dinastia Han(206 a.C. – 220 d.C.)
L’I Ching è al contempo un testo sacro di conoscenza sapienziale, contenente profondi principi etici ed un potentissimo sistema oracolistico-divinatorio. Nel XII secolo a.C., quest’ultimo assunse i connotati di un testo filosofico contenente molti principi, che furono successivamente sviluppati ed elaborati dal Confucianesimo e dal Taoismo.
Nel 1150 a.C. circa, re Wên, mentre era prigioniero del tiranno Sinn, organizzò i “sessantaquattro esagrammi”, codificandone i complessi significati. Suo figlio, il duca di Chou, redasse un commento alle singole linee degli esagrammi, il cui significato divinatorio dipende dalla posizione che esse occupano all’interno di questi ultimi. La sua opera è nota come Chou Yi, “I Mutamenti di Chou”.
Nel VI secolo a.C., Confucio ampliò “I Mutamenti di Chou” implementandolo con i suoi insegnamenti: nacque così l’Yi Ching: “Il Libro Classico dei Mutamenti”.
Interrelazione sferica dell’I Ching
L’I Ching fu uno dei pochissimi libri che non vennero distrutti dal celebre imperatore Ch’in Shih Huang Di (III secolo a.C.), l’artefice della Grande Muraglia e dell’Esercito di Terracotta, il quale ordinò che tutti i testi classici venissero bruciati.
Nel corso degli anni, questo libro dovette subire anche la persecuzione di una scuola di adepti del Feng Shui, una disciplina geomantica, quest’ultima, codificata nel XII secolo a.C. da Wang Chi e da altri filosofi taoisti per usufruire dell’armonia derivata dai corretti rapporti tra il “chi”, il soffio vitale, il “so”, i principi matematici, il “li”, le leggi immutabili e l’Ying, il mondo fisico.
L’I Ching fu tradotto in inglese dal sinologo James Legge (1815-1897) che si dimostrò sempre assai scettico sulla sua validità come sistema oracolisticodivinatorio e nel 1927, anche in tedesco, da Richard Wilhelm, il quale lo corredò di un suo personale commento dopo averlo studiato per molti anni, avvalendosi anche della guida di un filosofo cinese, Lau Nai Suann.
Wilhelm si convinse che l’I Ching fosse, al tempo stesso, un articolato sistema filosofico ed un complesso sistema scientifico, grazie al quale, chi lo avesse saputo utilizzare correttamente, avrebbe potuto conoscere ciò che gli sarebbe accaduto in futuro.
Anche l’eminente psicologo svizzero Carl Gustav Jung (3) (Kesswyl 1875 – Küsnacht, Zurigo,1961) subì il fascino senza tempo dell’I Ching, studiandolo ed utilizzandolo persino per la propria attività medica.
Jung, difatti, si richiama all’I Ching nella sua “Autobiografia”, in “L’uomo e i suoi simili” ed in altre sue opere. Egli era fermamente convinto di avere individuato una connessione tra la concezione fondamentale dell’opera cinese e la sua celebre “teoria della sincronicità” (4).
Jung, inoltre, riteneva che l’esagramma corrispondesse alla condizione esistenziale presente e futura del consultante, non tanto in virtù dei fisiologici rapporti causali che in natura legano tra loro gli eventi, quanto per un’impalpabile, impercettibile ed intrinseca interdipendenza che correla tutti gli elementi costitutivi dell’universo: dalle creature viventi, agli oggetti inanimati, dagli eventi alle idee.
L’UTILIZZO PRATICO
L’eminente psicoanalista ed una nutrita schiera di studiosi dell’I Ching e del complesso sistema oracolistico-divinatorio in esso contenuto, non poterono fare a meno di rilevare, nonostante su quest’ultimo non fossero mai state condotte rigorose analisi statistiche, un’incoraggiante corrispondenza tra il responso che tale sistema forniva ai consultanti e l’effettivo verificarsi degli accadimenti.
Chi crede nel potere dell’I Ching, difatti, ritiene che esso sia un libro della vita, contenente la spiegazione di tutte le leggi che governano l’universo ed in grado di fornire istruzioni esplicite sulle modalità comportamentali che l’uomo deve adottare per rimanere continuamente in armonia con tali leggi.
I consultanti sono anche fermamente convinti che il livello di corrispondenza tra il responso e la realtà sia tanto più elevato quanto più alta è la loro capacità esegetica, capacità che viene affinata ed approfondita con la pratica.
Sebbene, secondo la tradizione, nessuno che abbia un’età inferiore ad una cinquantina di anni è in grado di comprendere ed utilizzare correttamente l’I Ching, in quanto fino a quest’età le forze positive e negative non si sono ancora adeguatamente bilanciate, l’efficacia dell’oracolo dipende dall’individuo che di volta in volta si avvicina al testo, difatti, il libro stesso afferma: “Se non sei l’uomo giusto, non ti parlerà”.
L’I Ching può essere utilizzato in tre modi diversi: come supporto per promuovere ed agevolare lo stato meditativo, come guida per perfezionare la conoscenza di se stessi e dell’universo e come una sorta di bussola mistica con cui orientarsi in quel labirinto che sono i problemi della quotidianità.Per attivare la componente oracolistico-divinatoria dell’I Ching ed ottenere così un verdetto attendibile, il consultante deve tracciare l’esagramma corrispondente alla propria condizione di vita; qualora tale condizione sia stabile e non sia quindi soggetta ad immediate mutazioni, l’oracolo si manifesterà con un singolo esagramma, di contro, invece, nel caso in cui l’assetto della vita del soggetto stia già mutando nel momento della consultazione dell’I Ching, si otterranno due esagrammi, uno corrispondente alla condizione attuale e l’altro legato al divenire di quest’ultima ed alla sua conseguente trasformazione in una diversa condizione cronologicamente collocata nel futuro.In passato i divinatori cinesi, per ottenere gli esagrammi, si servivano di 50 steli di achillea (5) o millefoglie; a tutt’oggi, invece, i consultanti preferiscono adottare una procedura più semplice, che prevede l’utilizzo di tre monete che devono essere lanciate in aria per sei volte. Per ogni esagramma ottenuto, l’I Ching fornisce un determinato vaticinio ed i relativi consigli per armonizzare la propria condizione di vita con la natura.
I cinesi ritengono, inoltre, che la formazione degli esagrammi sia determinata da entità spirituali invisibili detti “scienn” (6).
LA FILOSOFIA
“Fû Hsî governava tutto ciò che esisteva sotto il cielo, guardando in alto scoprì gli splendidi disegni celesti, guardando in basso osservò la struttura della terra. Ammirò l’eleganza delle forme negli uccelli e negli animali e l’equilibrata varietà dei loro territori. Dopodiché disegnò gli otto trigrammi, per rappresentare le trasformazioni della natura e l’intima essenza delle cose.”
I trigrammi Pa Kua, sono disegni costituiti da una linea intera e da una spezzata, disposte a tre a tre nelle otto possibili combinazioni (23 = 8).
Il trigramma costituito da tre linee intere o positive è l’espressione del principio creativo e paterno, il “Cielo” mentre il trigramma composto da tre linee spezzate o negative rappresenta il principio ricettivo e materno, la “Terra”.
Gli altri sei trigrammi, costituiti da altrettante combinazioni di linee intere e spezzate, ossia una intera e due spezzate o una spezzata e due intere, sono l’espressione dei “tre figli” e delle “tre figlie” del Cielo e della Terra.
Nel Taoismo (7), il “numero 2”, rappresentato graficamente dalla “linea intera” e da quella “spezzata”, riveste un’importanza fondamentale, in quanto è connaturato all’essenza stessa dell’universo, nel quale convivono due principi archetipici primordiali antitetici ed al tempo stesso complementari: il principio attivo maschile, lo “Yang”, rappresentato graficamente dalla linea intera, e quello passivo femminile, lo “Yin”, riprodotto con una linea spezzata.
L’universo e tutto ciò che in esso è contenuto, dalle galassie all’uomo, dalle cellule alle particelle subatomiche, scaturiscono dalla perenne ed armonica interazione reciproca di questi due principi energetici.
Nel tradizionale sistema mistico-filosofico cinese, tutte le manifestazioni del “Tao”, la “Via”, sono generate dall’interazione dinamica di queste due forze polari.
Il carattere dinamico dello Yin e dello Yang è rappresentato graficamente dall’antichissimo simbolo cinese noto come “T’ai – chi T’u” o “Diagramma della Realtà Ultima”
Il T’ai – chi T’u è una disposizione simmetrica dell’oscuro Yin, rappresentato dalla porzione nera e del luminoso Yang, la parte bianca, tuttavia, la simmetria non è statica, bensì rotazionale, a simboleggiare un perenne moto ciclico.
I due punti nel diagramma si riferiscono al concetto secondo cui ogni volta che una delle due forze raggiunge la sua massima intensità contiene già in sé il seme del suo opposto.
Il “numero 3” rappresenta la “triade cielo-terra-uomo” mentre il numero delle possibili combinazioni dei trigrammi, 8, simboleggia invece le “forze” e le “qualità del creato”. I trigrammi rappresentano quindi l’immagine di tutto ciò che avviene in cielo ed in terra e la differente disposizione delle 8 linee intere e spezzate all’interno dei trigrammi simboleggia la dinamicità dell’universo, ossia l’eterno cambiamento delle cose ed il loro continuo divenire.
Gli otto trigrammi, nell’I Ching, si ritrovano disposti nella “configurazione ottagonale”. Questi otto disegni vennero successivamente uniti a coppie, disponendoli uno sopra l’altro ed ottenendo, in questo modo, sessantaquattro esagrammi (26), ognuno dei quali risulta costituito da sei linee intere e spezzate per un numero totale di linee pari a 384.
I 64 esagrammi furono disposti in modo da formare un quadrato di otto per otto esagrammi, secondo il processo naturale di sviluppo dalle linee intere e spezzate.
Nella figura è mostrato l’ordine, che la tradizione attribuisce allo stesso Fû Hsî, in cui, in origine, i 64 esagrammi furono disposti ed in cui si ritrovano più frequentemente nell’I Ching.
LO STUDIO
Il “binomio linea intera – linea spezzata” connota una situazione del tipo “on – off”, analoga a quella rappresentata dal codice binario (0 e 1), ideato per la prima volta da Gottfried Wilhelm Leibniz (Lipsia 1646 – Hannover 1716) (8), celebre filosofo ed abile matematico tedesco.
Il codice binario fu successivamente ripreso e su di esso si basa il funzionamento dei computer.
Poiché la linea intera può essere considerata la rappresentazione grafica semplificata del concetto di “integrità” e “continuità” e quella spezzata di “incompletezza” e “discontinuità”, risulta quasi inevitabile assegnare alla prima il valore “1” ed alla seconda il valore “0”.
Esempio del procedimento adottato per la conversione dei trigrammi in numeri arabi in base decimale
Si attribuiscono, quindi, i valori 1 e 0, rispettivamente, alle linee intere ed a quelle spezzate, per ciascuno degli otto trigrammi disposti nella configurazione ottagonale, in modo da ottenere gruppi di tre numeri binari, ognuno dei quali, a sua volta, viene convertito in un determinato numero arabo in base decimale. Ciascuno degli 8 trigrammi della configurazione ottagonale viene convertito, quindi, in un determinato numero arabo mediante l’applicazione del codice binario . Con tre segmenti si uniscono, in ordine progressivo, i numeri da “0” a “3” mentre con altri tre segmenti si collegano, sempre in ordine progressivo, i numeri da “4” a “7”, in modo da ottenere una struttura costituita da due linee spezzate. Seguendo l’andamento di ciascuna di queste linee, vi si disegna accanto una linea curva. Si estrapolano, quindi, le due linee curve dalla configurazione ottagonale degli otto trigrammi in modo da ottenere la struttura mostrata nella figura.
Dall’alto in basso, da sinistra a destra:
Il T’ai – chi T’u.
La configurazione ottagonale degli 8 trigrammi.
La configurazione quadrata dei 64 esagrammi.
Yang, Yin e codice binario.
Uno dei 64 esagrammi.
La “struttura A” ricorda due eliche che si avvolgono l’una intorno all’altra con un andamento destrorso. Questa peculiare struttura non può non far pensare a quella della molecola di DNA identificata, sulla base di precedenti studi cristallografici, da Watson e Crick nel 1953. La macromolecola di DNA è costituita da due catene polinucleotidiche elicoidali complementari ed antiparallele che si avvolgono l’una intorno all’altra con un andamento destrorso.
La “struttura B”, derivata da quella contrassegnata con la lettera A per semplice restringimento, si sovrappone casualmente alla doppia elica del DNA. Il fatto che la struttura B collimi con la doppia elica del DNA è ovviamente niente più di una curiosa coincidenza, resa ancora più singolare quando si consideri che I Ching, letteralmente, significa “Libro dei Mutamenti” e che il principio filosofico su cui è strutturata l’intera opera è quello secondo cui l’universo e tutte le cose in esso contenute, non sono statiche, bensì caratterizzate da un’intrinseca e perenne dinamicità evolutiva. Già, l’evoluzione!
Anche il nostro pianeta, come l’universo di cui fa parte, non ha potuto sottrarsi all’azione di questa potente forza ed è proprio grazie ad essa che sulla Terra le specie animali e vegetali, inizialmente caratterizzate da un basso livello di organizzazione strutturale e funzionale, hanno potuto incrementare sempre di più tale livello, adattandosi armonicamente all’ambiente circostante.
Dall’alto in basso, da sinistra a destra:
Esempio del procedimento adottato (lo stesso mostrato in precedenza) per la conversione degli esagrammi in numeri arabi in base decimale.
Lo schema numerico (matrice di ordine 8) dei 64 numeri arabi in base decimale.
Lo schema numerico (matrice di ordine 8 diversa da quella mostrata a sinistra) dei 64 numeri arabi in base ottale.
Ora, dei cinque fattori che sul nostro pianeta sono stati e sono tuttora, alla base dell’evoluzione, ossia la “variabilità genetica”, la “selezione naturale”, la “migrazione”, la “deriva genetica” ed il “sistema di riproduzione”, il primo, quello su cui il secondo ed il quarto fattore esercitano la loro azione e che ha origine proprio con la mutazione, riflette, più degli altri, quel dinamismo dell’universo che è alla base della struttura filosofica dell’I Ching.
Anche il materiale genetico, difatti, in modo analogo a tutti gli altri elementi che costituiscono l’universo, non è statico, stabile, bensì va incontro a continue variazioni; variazioni determinate dalle mutazioni dei geni (segmenti di DNA) e dalle alterazioni, dette aberrazioni, strutturali e numeriche dei cromosomi nucleari.
È interessante notare, a questo proposito, che i termini “mutazione” e “mutamento”, dal punto di vista concettuale, sono del tutto analoghi, in quanto possono essere tranquillamente sostituiti da sinonimi comuni quali, ad esempio, “variazione”, “cambiamento”, “alterazione”, tutti vocaboli, questi ultimi, che implicano il verificarsi di processi di trasformazione che fanno del nostro universo un universo dinamico, l’universo prospettato e descritto dall’I Ching.
Questa considerazione è tanto più corretta quanto più si ricordi che il significato letterale di quest’opera è proprio “Libro dei Mutamenti”! Quindi, alla luce di tali riflessioni, la casuale e niente più, sovrapposizione della struttura B alla molecola di DNA a doppia elica, che in sé, è bene sottolineare ancora una volta, non ha alcun valore scientifico, nel contesto metafisico del sistema filosofico dell’I Ching, acquista un considerevole ed evidente significato simbolico, mostrando, in questo modo, una coerenza di fondo con i principi ideologico-filosofici su cui è stato strutturato questo antico libro sapienziale cinese.
Da sinistra a destra, dall’alto in basso:
Le due linee spezzate ottenute dalla configurazione ottagonale degli 8 trigrammi.
Le due linee curve ottenute seguendo l’andamento di quelle spezzate.
Le due linee curve estrapolate dalla configurazione ottagonale degli 8 trigrammi. Rassomiglianza della struttura A con due eliche che si avvolgono l’una intorno all’altra con andamento destrorso.
Nelle pagine successive è mostrato il procedimento, analogo a quello utilizzato per la conversione degli 8 trigrammi in altrettanti numeri arabi in base decimale, grazie al quale ognuno dei 64 esagrammi della configurazione quadrata è stato trasformato in un determinato numero arabo, sempre in base decimale. Tale procedura ha consentito di ottenere il quadrato mostrato subito dopo, che poi altro non è che una “matrice quadrata di ordine 8” il cui “determinante”, in virtù della simmetrica disposizione dei numeri che la costituiscono, è pari a “0”. Questo numero, qualora volessimo assegnarli un significato simbolico, potrebbe rappresentare il vuoto che, apparentemente, costituisce gran parte del microcosmo e del macrocosmo, due facce, cioè, della stessa medaglia, due aspetti diversi, ossia due differenti manifestazioni, di una stessa “Realtà Ultima”.
Osservando lo schema numerico riportato nella figura, si nota subito che i 64 numeri arabi in base decimale che si ottengono dalla conversione dei 64 esagrammi originari, mediante l’applicazione del codice binario, sono tutti quelli compresi tra “0” e “63”, compresi questi ultimi; inoltre, i numeri 0 e 63 sono collocati, rispettivamente, all’inizio, ossia in corrispondenza dell’angolo superiore sinistro ed al termine del quadrato, cioè in corrispondenza dell’angolo inferiore destro. Altre due peculiarità che è possibile ravvisare in tale schema consistono nel fatto che i numeri “0,1,2,3,4,5,6 e 7” sono tutti disposti sul lato sinistro del quadrato e che i numeri “pari” sono tutti situati nella metà superiore del quadrato mentre quelli “dispari” nella metà inferiore.
Da sinistra a destra:
Struttura tridimensionale della macromolecola del DNA a doppia elica.
Rappresentazione schematica della doppia elica del DNA.
La struttura B si sovrappone casualmente alla doppia elica del DNA.
La struttura B deriva dalla struttura A (della precedente immagine) per restringimento di quest’ultima.
Spingendoci oltre, non si può fare a meno di notare che i primi “otto” numeri della “tabellina del 7” (9) (ritorna il numero 8 che, secondo la cosmogonia cinese, rappresenta le forze e le qualità del creato, qui associato al numero 7), ossia “7, 14, 21, 28, 35, 42, 49 e 56”, sono tutti disposti sulla diagonale destra del quadrato, così come i primi “sette” numeri della “tabellina del 9” (10) (di nuovo il numero 7, questa volta associato al 9), ossia “9, 18, 27, 36, 45, 54 e 63”, sono tutti collocati sulla diagonale sinistra del quadrato. La simmetria dello schema numerico di della figura emerge in tutta la sua eleganza e raffinatezza con la principale corrispondenza matematica rilevabile in tale schema e da cui tutte le successive coincidenze hanno origine ed in essa trovano la loro spiegazione e giustificazione: tra il primo ed il secondo numero di ognuna delle 8 righe del quadrato, difatti, vi è una differenza di “32” (11), tra il secondo ed il terzo numero “16” (12) e tra il terzo ed il quarto di nuovo “32”.
Tra il quarto ed il quinto numero vi è invece sempre una differenza di “40” (13).
Quest’ultimo costituisce il centro di simmetria degli intervalli numerici, poiché a destra di esso si ritrova la stessa combinazione, ossia 32, 16, 32. Ciascuna delle otto colonne è caratterizzata dalla stessa tipologia di intervalli numerici, nella fattispecie con la combinazione “4, 2, 4, 5, 4, 2, 4” (14). A questo riguardo, la prima conseguenza matematica di tale corrispondenza è quella secondo cui le linee che hanno origine dai numeri disposti sul lato superiore del quadrato intersecano quelle che originano dai numeri collocati sul lato sinistro in corrispondenza di un numero che è pari alla somma dei numeri da cui hanno inizio le linee stesse.
(Es.:
48 + 6 = 54;
40 + 7 =47;
16 + 6 = 22).
La simmetria dello schema numerico della figura rivela tutta una serie di curiose peculiarità, come quella secondo cui la somma dei numeri disposti alle estremità della diagonale destra è eguale a quella dei numeri situati alle estremità della diagonale sinistra in ogni “quadrato piccolo”
(Es.:
0 + 36 = 36 e 4 + 32 = 36;
14 + 41 = 55 e 9 + 46 = 55;
37 + 19 = 56 e 35 + 21 = 56),
così come la somma dei numeri collocati alle estremità della diagonale destra è eguale a quella dei numeri presenti alle estremità della diagonale sinistra in ogni “quadrato medio”
(Es.:
48 + 42 = 90 e 50 + 40 = 90;
38 + 53 = 91 e 37 + 54 = 91;
45 + 63 = 108 e 47 + 61 = 108).
Inoltre, la somma dei numeri dislocati alle estremità della diagonale destra è eguale a quella dei numeri situati alle estremità della diagonale sinistra anche in ogni “quadrato grande”
(Es.:
32 + 41 = 73 e 33 + 40 = 73;
22 + 31 = 53 e 23 + 30 = 53).
Questo tipo di corrispondenza matematica emerge anche per l’intero schema numerico, considerato come il “quadrato maggiore”, in quanto, anche in questo caso, la somma dei numeri disposti alle estremità della diagonale destra è eguale a quella dei numeri situati alle estremità della diagonale sinistra, difatti:
0 + 63 = 63 e 7 + 56 = 63.
È interessante notare, a questo proposito, che il tipo di corrispondenza matematica mostrato sopra è riscontrabile sia nei quadrati piccoli che in quello maggiore, quasi a significare che il piccolo ed il grande, ossia il microcosmo ed il macrocosmo, in un certo senso, sono simili o meglio, rappresentano due facce della stessa medaglia, due aspetti diversi ma complementari della stessa realtà unica ed indivisibile. La somma dei numeri disposti alle estremità della diagonale destra è eguale a quella dei numeri collocati alle estremità della diagonale sinistra anche nei “rettangoli orizzontali” di ogni dimensione
(Es.:
20 + 42 = 62 e 18 + 44 = 62;
6 + 59 = 65 e 3 + 62 = 65;
38 + 57 = 95 e 33 + 62 = 95),
così come la somma dei numeri situati alle estremità della diagonale destra è eguale a quella dei numeri presenti alle estremità della diagonale sinistra nei “rettangoli verticali” di ogni dimensione
(Es.:
0 + 34 = 34 e 2 + 32 = 34;
52 + 41 = 93 e 49 + 44 = 93;
8 + 63 = 71 e 15 + 56 = 71).
Un’altra corrispondenza matematica interessante per il suo valore fortemente simbolico è quella secondo cui la somma dei numeri disposti sulla diagonale destra del quadrato maggiore, ossia quella della tabellina del sette, è eguale a quella dei numeri collocati sulla diagonale sinistra, cioè quella della tabellina del nove
(Es.:
7 + 35 + 21 + 49 + 14 + 42 + 28 + 56 = 252 e 0 + 36 + 18 + 54 + 9 + 45 + 27 + 63 = 252).
Vale la pena soffermarci per un attimo su questo numero, il 252, in quanto presenta delle caratteristiche non comuni, ciascuna delle quali trova una sua coerente collocazione nel contesto del sistema filosofico orientale. Innanzitutto, il 252 è un numero palindromo, in quanto è eguale sia che lo si legga da sinistra verso destra che da destra verso sinistra, inoltre è costituito da tre cifre, il “2”, il “5” e di nuovo il “2”, numeri, questi ultimi, di cui è già stato esplicato il significato simbolico e mistico nel corso dello scritto. Sommando il 2 ed il 5 a partire da sinistra o le stesse cifre a partire da destra, otteniamo, ovviamente, il numero 7, i primi 8 numeri della tabellina del quale, sommati tra loro, danno, guarda caso, proprio 252; se vengono sommate tra loro tutte e tre le cifre costituenti il numero 252, si ottiene il numero 9, i primi 7 numeri della tabellina del quale, sommati tra loro, restituiscono sempre il numero 252!
Infine, il rapporto tra la somma dei numeri disposti ai vertici di ogni quadrato piccolo e la somma dei numeri situati alle estremità della diagonale dello stesso quadrato è sempre eguale a “2”
(Es.:
(20 + 52 + 50 + 18) \ (20 + 50) = 2;
(41 + 25 + 29 + 45) \ (41 + 29) = 2;
(37 + 21 + 19 + 35) \ (37 + 19) = 2;
(11 + 43 + 47 + 15) \ (11 + 47) = 2),
come se questa corrispondenza matematica avesse lo scopo di ribadire l’importanza del numero 2 e quindi di sottolineare ancora una volta, se ve ne fosse il bisogno, il fondamentale principio taoista che esso veicola. Poiché il numero “8” è estremamente significativo nell’I Ching, essendo il numero delle possibili combinazioni dei trigrammi ed essendo i 64 esagrammi disposti a formare un quadrato di otto per otto esagrammi, i 64 numeri in base decimale sono stati convertiti in altrettanti numeri in “base ottale” (0,1,2,3,4,5,6,7,10,11,12,13…), ottenendo, in questo modo, la nuova configurazione quadrata mostrata nell’ultima figura. In questo nuovo schema numerico è possibile ravvisare due evidenti corrispondenze matematiche, ossia quella secondo cui i primi “7” numeri della “tabellina dell’11” (11, 22, 33, 44, 55, 66 e 77) sono tutti disposti sulla diagonale sinistra del quadrato e la seguente, forse ancora più curiosa: allineate su tutti i segmenti obliqui destri sono presenti coppie di numeri le cui cifre costituenti sono invertite
(Es.:
01-10; 46-64; 22; 07- 70; 43-34; 25-52; 61-16; 67-76; 13-31; 55) (15).
CONCLUSIONI PRELIMINARI
Non è ancora ben chiaro il significato di ciò che è emerso dalla configurazione quadrata di 64 esagrammi, tuttavia, è fuor di dubbio che dietro uno “schema numerico” così simmetrico, raffinato ed elegante, come quello che si ottiene convertendo i 64 esagrammi in altrettanti numeri arabi, mediante l’applicazione del codice binario, vi sia “una mente matematica brillante ed evoluta” e che quindi tale schema non sia dovuto al mero caso.
Per quanto nella Cina del 1000 a.C. la conoscenza della matematica, applicata soprattutto alla mantica ed all’astrologia, fosse già piuttosto avanzata per l’epoca, sarebbe stata comunque un’impresa di difficile realizzazione disporre 64 esagrammi in modo tale da restituire uno schema numerico nel quale fossero contemporaneamente presenti le corrispondenze matematiche prese in esame in questo studio; ciò suggerisce la possibilità che gli antichi cinesi possedessero cognizioni matematiche ben più avanzate di quelle accreditate dalla storia ufficiale.
Stiamo continuando a studiare la configurazione quadrata dei 64 numeri, sia in base decimale ed ottale che in altre basi numeriche e nuove intuizioni stanno nascendo, prima tra tutte quella secondo cui, forse, sia possibile estrapolare, da una di queste configurazioni, principi di matematica mistico-esoterica derivati da antichissimi elementi di pensiero filosofico orientale, in particolare di quello indiano e cinese, elementi le cui origini si perdono nella notte dei tempi.
RINGRAZIAMENTI
Per il valido e prezioso contributo apportato all’individuazione di alcune corrispondenze matematiche nello schema numerico su base decimale ed ottale, desidero ringraziare gli amici e collaboratori:
Francesco Salvadori (studente di Fisica)
Enrico Baccarini (studente di Psicologia Sperimentale e Generale)
Dott. Ing. Massimo Bianchini (Ingegnere Elettronico e studente di Fisica)
Federico Cicchi (laureando in Informatica)
Gianni Mirko De Vita (Perito Informatico)
BIBLIOGRAFIA
Nuova Enciclopedia Universale Curcio – delle lettere, delle scienze, delle arti. Armando Curcio Editore, 1968.
“I King e Voi”, di Diana Ffarrington Hook. Casa Editrice Astrolabio Roma, 1977.
“Il Tao della fisica”, di Fritjof Capra. Adelphi Edizioni, 1994.
“Il Re del Mondo”, di René Guénon. Adelphi Edizioni, 2002.
“Almanacco del Mistero 1993 – Guida illustrata al mondo misterioso”, Sergio Bonelli Editore, 1993.
“Paranormale – Dizionario Enciclopedico”, Arnoldo Mondadori Editore, 1992.
“UFO Dossier X – Incognite, Alieni, Enigmi dell’universo”, Fabbri Editori.
Note:
1. Fû Hsî: compagno di Nu Kua, la dea che, secondo la cosmogonia cinese, modellò gli esseri umani plasmandoli dal fango del Whang Ho, il Fiume Giallo, all’inizio manualmente, poi con l’ausilio della magia.
Fû Hsî, che l’iconografia classica cinese raffigura come una creatura anfibia, metà uomo e metà pesce, similmente all’Oannes mesopotamico dispensatore di conoscenza, insegnò agli uomini l’arte della pesca, della cottura e tutte le altre attività necessarie per la sopravvivenza, oltre che, naturalmente, la mantica mediante gli esagrammi dell’I Ching.
2. Confucio: rimasto orfano all’età di tre anni, fu portato dalla madre a Chüfu, dove, nonostante vivesse in povertà, poté studiare. Si sposò a 19 anni e all’età di 24 anni perse la madre, così si dedicò allo studio dei classici e della storia antica, fino a che, a 30 anni, iniziò a viaggiare, diffondendo il suo pensiero, basato sulla necessità di recuperare la morale persa nella dissolutezza generale. Una volta tornato nella terra natia, si circondò ben presto di fedeli ed entusiasti seguaci, a quanto pare non meno di tremila, di cui 72 gli erano particolarmente affezionati. All’età di 56 anni divenne ministro e poté finalmente concretizzare le sue idee, tuttavia, fu vittima di un complotto, a seguito del quale fu costretto a dimettersi. Riprese allora a viaggiare da uno Stato all’altro insegnando la sua dottrina. Negli ultimi anni della sua vita, Confucio risedette a Chüfu, dove selezionò i testi antichi che riunì nel “Wuching”, i “Cinque Classici” e compose, dal 722 al 481 a.C., secondo la tradizione confuciana, Gli “annali di Lu”, più noti come “Ch’un-ch’iu”, Primavere e Autunni.
3. Carl Gustav Jung: allievo prediletto di Sigmund Freud (Freiberg, od. Přibor, Moravia,1856 – Londra 1939) ed uno dei maggiori esponenti della psicoanalisi, conseguě il Diploma di Laurea in Medicina e Chirurgia a Basilea, con una tesi sui cosiddetti “fenomeni occulti” e intorno al 1900, iniziò la carriera psichiatrica a Zurigo, nella cui università venne nominato, nel 1905, “Privatdozent”. Nel 1907 prese contatti con Freud e ne divenne il principale collaboratore; nel 1912, tuttavia, iniziò a prendere le distanze dal pensiero del suo maestro e nel 1913 se ne distaccò completamente, dando origine ad una scuola di psicologia autonoma ed indipendente che denominò “Psicologia Analitica”. Il principale elemento di divergenza tra la scuola junghiana e quella psicoanalitica di stampo freudiano è costituito dalla diversa concezione dell’inconscio, che per Jung consiste in un piano dello spirito, con una sua esistenza ontologica ed una sua particolare intelligenza. È quello che Jung definisce “l’inconscio collettivo”, costituito dagli archetipi, ossia da immagini e modelli fondamentali ed ubiquitari, rispetto ai quali si determina la vita psichica individuale. Jung, nel corso della sua vita, si recò in diversi paesi e si dedicò allo studio di numerose discipline, quali l’etnologia, le religioni comparate, le filosofie e le tradizioni orientali, non disdegnando campi di studio più eterodossi come le discipline esoteriche, in particolare l’alchimia e l’astrologia.
La sua insaziabile sete di sapere lo portò ad interessarsi anche di ufologia e della fenomenologia paranormale, in particolare delle facoltà psichiche di tipo cognitivo o ESP (extrasensorial perception: percezione extrasensoriale), quali la precognizione. Sua è la celebre “teoria della sincronicità”, nella quale tentò di inquadrare i fenomeni paranormali.
Dal 1935 al 1942 fu professore ordinario al Politecnico di Zurigo, mentre dal 1944 al 1946 ebbe la cattedra di Medicina Psicologica all’Università di Basilea.
Ricevette numerosissime distinzioni accademiche e venne investito con diverse cariche onorifiche, sia nel paese natale che all’estero.
4. Teoria della sincronicità: teoria postulata da Carl Gustav Jung secondo cui tra due o più eventi, tra i quali non vi è alcun rapporto di causa-effetto ma che risultano in qualche modo collegati tra loro, in quanto al presentarsi del primo segue inesplicabilmente il verificarsi degli altri, vi sarebbe un significativo legame acausale, atemporale ed aspaziale non ancora noto alla fisica.
5. Achillea: Achillea Ptarmica, in cinese “Che”. Pianta su cui si basava un’antichissima forma divinatoria cinese, l’Achilleomanzia, conosciuta in Cina come “Che Pou” ed utilizzata per predire accadimenti pubblici. Tale mantica consiste nel dividere un fascio di 50 steli di achillea fino ad ottenerne 6, da cui si ricava un determinato esagramma.
6. Scienn: è interessante notare che il termine “scienn” presenta una certa somiglianza letterale con il vocabolo arabo “Jinn”. I Jinn, secondo il folklore pagano arabo, sono entità spirituali di natura ignea, ben tollerati anche dall’islamismo, difatti la “Sura 72” del Corano, ad essi intitolata, distingue quelli che si sono convertiti alla religione mussulmana e che per questo operano il Bene e quelli che operano il Male, i miscredenti. Questi spiritelli appartengono ad un’antichissima razza creata molto tempo prima dell’uomo, con cui condivide alcuni aspetti; i Jinn, difatti, hanno un proprio ciclo biologico e come gli esseri umani possono ammalarsi e morire, come gli uomini si nutrono, soprattutto di odori ed alla fine dei tempi, Allah li giudicherà in base alle loro azioni. I Jinn, in genere, sono invisibili, difatti, il termine Jinn sembra derivare dal verbo “janna”, che significa “stare nascosti” e quando si manifestano, assumono le sembianze di uomini o di animali, per lo più sembianze rettiliformi. I luoghi in cui più amano vivere sono i boschi, le zone solitarie e desertiche, il sottosuolo, il cielo e gli abissi marini. L’aspetto che accomuna i Jinn agli Scienn, gli artefici invisibili della formazione degli esagrammi dell’I Ching, consiste nel fatto che gli esseri umani venerano i primi come ispiratori di profezie e conoscenze e ciò ben si accorda con il ruolo che i secondi svolgono nella tradizione popolare cinese. Può accadere che i Jinn, talvolta, sostituiscano i neonati umani con neonati della propria razza oppure si congiungano con donne da cui verranno generate creature dalle sembianze mostruose o esseri umani dalle facoltà straordinarie, come la leggendaria regina di Saba. Quest’ultimo aspetto è particolarmente interessante in quanto avvicina i Jinn ad un’altra tipologia di entità sovrannaturali, peculiari e potenti demoni notturni conosciuti come incubi o succubi che, secondo la tradizione popolare ed il folklore medievale occidentale, assumevano le sembianze di bellissime e conturbanti fanciulle o di aitanti ed atletici giovini, penetravano nelle stanze da letto delle loro vittime in piena notte e si univano carnalmente ai rappresentanti del sesso opposto durante il sonno. Alcune leggende arabe, inoltre, narrano di esseri umani rapiti dai Jinn, in taluni casi per un periodo di tempo determinato o da questi ultimi posseduti e ciò richiama prepotentemente, da una parte, l’inquietante fenomeno psicosociale degli anni ’90, le abduction, ossia i supposti prelievi forzati di esseri umani da parte di creature umanoidi di presunta natura aliena e dall’altra, le più tradizionali possessioni demoniache che caratterizzano l’isterica e stressata società occidentale.
7. Taoismo: dottrina filosofica mistica fondata da Lao Tze (o Lao Tsu, filosofo cinese del V secolo a.C.; la leggenda narra che nascesse all’età di 81 anni. Scrisse il “Tao Te Ching”, il Libro della Via della Virtù, composto di 81 capitoli, in cui è racchiusa la dottrina del Taoismo) nel VI secolo a.C. e successivamente elaborata dai suoi discepoli, in particolare da Chuang Tze fra il IV ed il III secolo. Secondo il Taoismo, la vita dell’uomo è un insieme di illusioni generate dai desideri, dalle passioni e dalle azioni; l’uomo, per essere felice, deve seguire il “Tao”, letteralmente la “Via”, ossia la natura stessa, insieme all’ordine e all’armonia che la governano. Il Taoismo presenta alcuni punti di contatto con lo stoicismo e lo scetticismo occidentali e parte dal presupposto secondo cui il Tao è inconoscibile in quanto “non ha azione né forma”, come dice Chuang Tze.
8. Gottfried Wilhelm Leibniz: laureatosi in filosofia e legge all’università di Lipsia, dal 1672 al 1676 risedette a Parigi, dove ebbe modo di conoscere l’Arnauld ed il Malebranche e guidato dallo Huygens, perfezionò la sua conoscenza della matematica, scoprendo il calcolo infinitesimale. Nel 1676 venne assunto come bibliotecario ad Hannover e gli vennero assegnati vari incarichi diplomatici. Dopo la morte della sua protettrice, Sofia Carlotta, avvenuta nel 1705, la fortuna cominciò ad abbandonarlo e morì tra l’indifferenza generale.
9. 7: il numero 7 è uno di quei numeri mistico-esoterici che possiedono una forte valenza simbolica, difatti lo si ritrova in tutte le culture antiche, sia occidentali che orientali, basti pensare ai sette re di Roma ed ai sette colli di Roma, per quanto riguarda la storia occidentale, ai sette peccati capitali ed ai sette sacramenti, nel contesto religioso cristiano-cattolico, ai sette principali chakra (in sanscrito chakra significa letteralmente “ruota”; i chakra sono centri energetico-spirituali del corpo umano), secondo la tradizione orientale dell’antichissima scuola Yogaratna o ai sette saggi della Grecia o ancora, ai sette “Rishi” indiani (con il termine Rishi, in India, si identificano i saggi). Secondo la mitologia religiosa vedico-induista, fino ad oggi, vi sarebbero stati sette “Manu”, l’ultimo dei quali, il progenitore dell’attuale civiltà umana, sarebbe sopravvissuto, in modo analogo al Noè del Vecchio Testamento, al Diluvio Universale (una delle oltre 600 leggende su questo evento catastrofico su scala planetaria), grazie ad un’arca costruita seguendo le indicazioni fornite da un pesce gigantesco, probabile incarnazione di Vishnu o di Brahma; a Manu la tradizione attribuisce l’insegnamento dei rituali sacrificali ed in genere, delle cerimonie religiose. Sette sono anche le Chiese dell’Apocalisse di San Giovanni, identificabili con le principali congregazioni dei primi cristiani in Asia Minore. Il sette lo si ritrova anche nella cosmogonia indù, dove indica il numero delle regioni in cui lo spazio è suddiviso, ossia i 4 punti cardinali (Nord, Sud, Ovest ed Est), lo Zenit, il Nadir ed il centro. Insieme, queste sei direzioni più il centro individuano nello spazio una croce tridimensionale che richiama inevitabilmente l’antichissimo simbolo della svastica o croce uncinata, presente, non solo nelle culture antiche del subcontinente indiano ma anche nella tradizione di moltissime altre civiltà del passato, anche occidentali. La svastica, alla luce di quanto è stato detto, è da considerarsi una sorta di croce o un simbolo da questa derivato o ancora, l’antesignana della croce; del resto l’altro nome con cui è designata, croce uncinata, la identifica inequivocabilmente come tale. Alla svastica è stato conferito un evidente dinamismo ciclico, un moto rotazionale, a simboleggiare la ciclicità dell’universo e l’eterno divenire di tutte le cose che ne fanno parte e lo costituiscono. Ora, a causa della somiglianza morfostrutturale tra la nostra galassia, la Via Lattea, che è una galassia a spirale dotata di quattro bracci principali e la svastica, anch’essa caratterizzata da quattro bracci, la cui configurazione richiama fortemente la forma di una spirale, i fautori della paleoastronautica (disciplina che valuta la possibilità che una o più civiltà aliene abbiano interferito a vari livelli con le culture antiche) e dell’ETH (Extraterrestrial Hypothesis: Ipotesi Extraterrestre) ritengono che questo simbolo non sia altro che la rappresentazione grafica della Via Lattea osservata dal Polo Nord Celeste. Il simbolismo della croce uncinata è estremamente complesso e differenziato; per taluni studiosi, difatti, la svastica rappresenta il Sole, per altri le quattro interazioni fondamentali dell’universo – la nucleare debole, la nucleare forte, l’elettromagnetica e la gravitazionale -, quante sono i bracci di cui è dotata, interazioni la cui esistenza sarebbe stata intuita dai mistici orientali millenni fa grazie alle pratiche meditative. Il termine sanscrito “svastika” deriva dalla radice “svasti”, che significa “felicità, salute” e considerando che queste due condizioni, in passato, si instauravano quando vi erano prosperità e benessere e che quest’ultimi erano a loro volta subordinati alla produzione agricola e dipendenti da questa e quindi dalla produttività dei campi coltivati, l’ipotesi secondo cui questo antichissimo simbolo rappresentasse il Sole, indispensabile per la crescita delle messi e senza il quale quest’ultima non sarebbe possibile, appare quanto mai verosimile e contestualmente coerente. Il numero sette domina anche molte situazioni di vita quotidiana, difatti, sette sono le note musicali della scala diatonica, sette sono i colori dell’iride, sette i giorni della settimana e sette le meraviglie del mondo antico e della natura. Nelle tradizioni dei popoli dell’Asia Centrale e dell’Estremo Oriente, sette sono anche le città del leggendario mondo sotterraneo di Agarttha, l’Inviolabile, l’Impenetrabile, di cui la principale è Shambhalla. Gli atlantidologi fautori dell’ipotesi secondo cui Atlantide sia stata un arcipelago-continente situato nell’Atlantico Settentrionale postulano che le isole costituenti tale arcipelago fossero sette e che ognuna di esse ospitasse una grande città che ne sarebbe stata la capitale. Sette sono anche le braccia della “Menorah”, il sacro candelabro in oro massiccio, simbolo dell’ebraismo e secondo manufatto più sacro di questa religione, custodito, assieme all’Arca dell’Alleanza, prima, nella Tenda-Tabernacolo, quando ancora gli ebrei erravano nel deserto alla ricerca della Terra Promessa e successivamente, nel Sancta Sanctorum del Tempio di Re Salomone a Gerusalemme. Infine, sette sono gli oggetti magico-esoterici secondo molte antiche tradizioni: la Grande Piramide o Piramide di Cheope, nell’altipiano di Giza, in Egitto, l’Arca di Noè, la Menorah, l’Arca dell’Alleanza, la Lancia di Longino, il Santo Graal e i 13 teschi di cristallo maya.
10. 9: anche il numero 9 è caratterizzato da una forte carica simbolica, in quanto è il risultato della moltiplicazione di 3 per se stesso ed il 3 è il numero magicoesoterico, mistico-filosofico e religioso per eccellenza; si pensi, ad esempio, alla SS Trinità cristiana – Padre, Figlio e Spirito Santo – alla suddivisione cattolicodantesca dell’aldilà in Inferno, Purgatorio e Paradiso, ai tre Re Magi dei Vangeli – Baldassarre, Melchiorre e Gaspare – che portano in dono a Gesù bambino, oro – che rappresenta il “potere regale” – incenso – simbolo del “potere sacerdotale” – e mirra, il “balsamo dell’incorruttibilità”, analogo alla “bevanda d’immortalità” che ricorre in tutte le tradizioni antiche, quali il Soma vedico, l’Amrita induista, l’Haoma mazdeo e l’Ambrosia greca o alla Trimurti del pantheon mitologico-religioso induista postvedico – Brahma, Vishnu e Shiva – o ancora, ai tre livelli dell’universo, secondo la cosmogonia indù.
11. 32: questo numero è costituito da due cifre che, dal punto di vista simbolico, come è stato ampiamente discusso, sono estremamente significative: il “3” ed il “2”. Inoltre, sommando tra loro questi due numeri, si ottiene il numero “5” che, secondo la cosmogonia orientale in generale e cinese in particolare, rappresenta gli “elementi costitutivi dell’universo”, ossia la “terra”, l’acqua”, il “fuoco”, l’”aria” e l’”etere”.
12. 16: le due cifre che costituiscono questo numero, sommate tra loro, danno 7, numero di cui è già stato sottolineato il potente significato mistico-simbolico alla nota 9.
13. 40: il numero 40 è costituito da due cifre: il 4 e lo 0. Il valore simbolico dello 0 è già stato discusso a pagina 6 del testo, il 4 è l’espressione numerica del quadrato (come forma) che è l’ideogramma cinese che significa “terra”. Nella tradizione celtico-irlandese, quattro sono anche gli oggetti magici che i Tuatha de’ Danaan, prima di ritirarsi nel “Tir na n’og”, il paese dell’”Età dell’oro” (vedi “La Lancia di Longino: tra storia e leggenda”), consegnarono all’uomo per elevarlo spiritualmente ed intellettualmente, ossia la “Pietra di Fal”, la “Spada di Nuada”, il “Calderone di Dagda” e la “Lancia di Lugh”, da cui sono probabilmente derivati i quattro semi delle carte, rispettivamente, i denari, le spade, le coppe e i bastoni. Nella tradizione giudeocristiana, il numero 40 è l’espressione numerica della “riconciliazione”, del “ritorno al principio”, ossia allo stato primordiale dell’uomo e lo si ritrova in molte situazioni e tradizioni antiche; basti pensare al periodo dei 40 giorni e delle 40 notti in cui il Diluvio Universale del Vecchio Testamento si abbatté sulla Terra, ai 40 anni in cui gli israeliti furono costretti ad errare nel deserto prima di giungere nella Terra Promessa, ai 40 giorni trascorsi da Mosè sul Sinai, ai 40 giorni di digiuno di Gesù nel deserto ed ovviamente, alla stessa Quaresima. È interessante notare come il significato simbolico del numero 40, ossia il ritorno al principio, sia stato contestualizzato nello schema numerico dei 64 numeri arabi in base decimale con la ripetizione, a destra di esso, della stessa combinazione di intervallo numerico situata alla sua sinistra.
14. È interessante notare che questa combinazione è costituita da 7 numeri, ciascuno dei quali ha un potente significato simbolico.
15. Il 22 ed il 55 sono l’inverso di se stessi.
Leave a Comment