Il Marketing Virale e i falsi enigmi storici applicato al mondo dell’Insolito

Il Marketing Virale e i falsi enigmi storici applicato al mondo dell’Insolito

Enrico Baccarini©

È curioso osservare come la mente umana possa, in certi casi, desiderare ardentemente una via di fuga da una realtà spesso monotona e priva di stimoli efficaci. Le stesse pubblicità, da cui siamo costantemente bombardati ad ogni angolo di strada, sui giornali, in televisione, si trasformano sovente in nenie ripetitive cui sembriamo prestare poca attenzione e che colpiscono la nostra attenzione solo quando risultano interrompere quella monotonia precedentemente osservata.

Il mondo del marketing e della pubblicità ha ben presto compreso la lenta assuefazione indotta da tali sistemi, cercando di strutturare nuove dinamiche e strategie mediatiche che potessero indurre interesse verso il soggetto reclamizzato. Sono nati così studi di settore miranti a comprendere quali fossero le nuove dinamiche psicologiche e le tecniche in grado di assorbire e rapire l’attenzione di un potenziale ‘acquirente’ come anche di interi gruppi sociali.

Nasce così il marketing virale, un tipo di marketing non convenzionale che sfrutta la capacità comunicativa di pochi soggetti interessati ad una particolare tematica per trasmettere il messaggio ad un numero esponenzialmente più grande di utenti finali. Tale tipologia pubblicitaria costituisce una evoluzione ponderata del passaparola, ma se ne distingue per il fatto di avere, alla sua base, un’intenzione volontaria da parte dei promotori della campagna. Il principio del viral marketing si basa anzitutto sull’originalità di un’idea, qualcosa che, a causa della sua natura o del suo contenuto, riesce a espandersi molto velocemente in una data popolazione. Come nel caso dei virus, l’idea che può rivelarsi interessante per un utente, viene passata da questo ad altri, da questi ad altri ancora e così via. In questo modo l’oggetto iniziale di interesse si espande rapidamente, in modo quasi esponenziale, tramite il semplice principio del “passaparola”, ovvero la conoscenza dell’idea.

Ci si potrà chiedere quali attinenze abbia il marketing virale con le tematiche trattate nella Nostra rivista. E’ presto detto. Dai primordi del XXI secolo le maggiori case produttrici mondiali utilizzano questo sistema, abbinandolo ai temi propri della Nostra rivista, per pubblicizzare i propri prodotti, per convogliare gruppi sempre più ampi di soggetti verso un tema ultimo di vendita. Cosa succederebbe se vedeste su Internet un servizio di una TV indiana documentare la scoperta di un enorme scheletro fossilizzato riversato su una ignota spiaggia a seguito dello Tsunami del 2004 o se parimenti un team scientifico russo scoprisse, in Siberia, la gigantesca statua di un mostro sepolto per millenni nei ghiacci. Ovviamente niente di tutto ciò è reale, o realmente esistito, lo è stato però per alcuni anni quando cioè furono, anonimamente, riversati su Internet dei video che ritraevano proprio quanto abbiamo appena descritto. Ma questo è niente perché i casi sono stati veramente numerosi.

La base imprescindibile di tale tecnica di vendita sembra affondare la propria ragione nel fatto che ormai quasi niente riesce più a convogliare e stimolare l’attenzione di un utente, se non qualcosa che sembri svincolarsi e sfuggire totalmente allo status quo ante in cui normalmente viviamo. Non si deve poi dimenticare che se tali logiche di mercato possono essere estremamente favorevoli alle industrie che le applicano, lo stesso non si può dire per coloro che seriamente e scrupolosamente  studiano anomalie storiche nel Nostro ambito. Fin dai primi accenni mediatici su quanto vedremo a breve il mondo ‘archeomisterico’ internazionale è letteralmente esploso dividendosi tra possibilisti e negazionisti, coloro che gridarono al miracolo (inteso come la scoperta della prima prova tangibile e irrefutabile dell’esistenza di antiche e ignote civiltà che avrebbero solcato il nostro pianeta) e coloro che invece gridarono alla ‘bufala’.

L’eco negativa che tale fenomeno pubblicitario ha prodotto per gli ambiti di Nostro interesse è stata però incredibilmente ampia e dirompente. Se i colossi internazionali hanno trovato un modo geniale per far breccia nella curiosità e nell’attenzione dei media lo stesso sistema ha prodotto ripercussioni negative nell’ambito delle ricerche protostoriche serie e rigorose. Già da decenni siamo stati etichettati come ‘ricercatori eretici’, imprimatur che per Noi vuole sottintendere l’evidenza che abbiamo la forza e il coraggio di esporci con le nostre idee e teorie, invece che adottare tecniche da struzzo o di voltare lo sguardo quando qualcosa non rientra nei canoni ufficiali cui siamo stati abituati ad attenerci.

Osserviamo ora nel dettaglio quali e quanti siano stati i casi di Viral Marketing ad oggi utilizzati sfruttando la ‘popolarità’ e l’incisività delle Nostre tematiche, ovvero come si sia attuata, più o meno involontariamente, una politica di discredito verso ciò che di serio e coscienzioso è stato prodotto fino ai nostri giorni. Durante il corso del 2005 il mondo mediatico estero, l’impatto italiano fu veramente minimale, venne sconvolto da alcune immagini e filmati che avevano come oggetto il ritrovamento archeologico di ben 5 creature gigantesche situate in 5 punti differenti del globo. Tale materiale (apparso inizialmente sulle pagine “ufficiali” dei ricercatori che affermavano di averle scoperte) mostravano, con dovizia di particolari, gli scheletri apparentemente fossilizzati di 5 enormi creature apparse o ritrovate in altrettante situazioni ‘casuali’. La stazza, la morfologia e la natura stessa di questi esseri sembravano sfuggire a qualsiasi logica conosciuta nonché alle linneiane classificazioni da sempre utilizzate. Non si trattava di nuove specie di dinosauri, tantomeno di affioramenti naturali presentanti caratteristiche apparentemente zoomorfe. Poche settimane bastarono per far conoscere mondialmente queste affascinanti scoperte. La ”colossale” bufala venne inevitabilmente rivelata poco tempo dopo da Sony che ammise come il tutto fosse stato messo in piedi come campagna pubblicitaria per il suo nuovo gioco ”Shadow of the Colossus”! Non mancarono, ovviamente, le ripercussioni e le ritrattazioni. Vediamo nel dettaglio quali e quante “scoperte” furono utilizzate per reclamizzare il gioco della SONY, ovvero quale impatto ebbero nel nostro settore.

Elencandole cronologicamente vediamo che fu creato:

– Il Gigante dello Tsunami, denominato nel gioco Valus, apparentemente ritrovato a Mahabalipuram, in India. Lo tsunami e il precedente terremoto nell’oceano indiano del 2004 avrebbero riportato alla luce questa immensa creatura.

– Il Gigante di Ghiaccio, denominato nel gioco Quadratus, fu apparentemente ritrovato nella Franz Josef Land, in Siberia, da tale Arkady Simkin e dal suo staff. Il suo sito internet (www.arkadysimkin.pl) mostrò per mesi foto e analisi della colossale struttura per poi oscurare il sito e ogni possibilità di contatto diretto con l’interessato. Una nostra personale verifica delle credenziali del citato Simkin, nonché diverse email che gli inoltrammo, portarono ad un nulla di fatto e alla totale anonimità del suddetto in qualsiasi contesto accademico!!!

–         Il Gigante Inca, denominato nel gioco Gaius, apparentemente ritrovato a Nazca, Perù da Andrew e Ellie Sayre durante una spedizione nella giungla. Nel loro sito i coniugi introducevano con  totale indifferenza la struttura presentando anche un breve video dove si poteva visionare il falso colosso nella sua estensione.

–         Il Gigante sommerso, denominato nel gioco Hydrus, apparentemente ritrovato nel mare di Sulu, sito nell’oceano Pacifico tra le Filippine e il Borneo. Scopritore dell’enorme colosso fu tale Ed Guyler, sedicente esperto subacqueo australiano, che fornì ampia documentazione fotografica e fece effettuare analisi di laboratorio su campioni estratti dal reperto. L’esito di tale indagine scientifica affermò i reperti sembravano essere gsimili alle ossa di un anguilliforme, pur se la grandezza del reperto risulta essere del tutto anormale per questa specieh. Si aggiungeva che non era possibile determinare la specie dell’animale analizzato ma si confermava che si trattava di antico materiale organico. Un dato tra tutti mise in dubbio queste analisi, salvo la dicitura gRISULTATO DEL TEST DI ANALISI DI LABORATORIOh non veniva indicato il nome del laboratorio in cui tali verifiche sarebbero state compiute, tantomeno si specificava un nome completo di chi le aveva fornite. Nessun indizio, insomma, per rintracciare la fonte.

–         Il Gigante di Jabal-Barez, denominato nel gioco Phalanx, apparentemente ritrovato a Kuh-e Jebal Barez, in Iran, da Casper Shilling. Presentandosi come un archeologo tedesco Shilling affermò di aver scoperto, il 5 ottobre del 2005, un corpo di un essere preistorico gigante non assimilabile ai dinosauri nella catena montuosa del Jebal-Barez. Lo scheletro, suppose l’archeologo, sarebbe riemerso a seguito di un lieve terremoto che avrebbe interessato la zona. Nel suo sito internet Shilling, produsse foto evidentemente false della creatura da lui scoperta. Il colosso di Jebal-Barez sembrava, fin da subito, una poco riuscita elaborazione effettuata al computer.

Un sito tra tutti fu il principale diffusore del materiale sulla rete, http://giantology.typepad.com (sito che ovviamente non risulta più attivo), assieme a quelli precedentemente citati e gestiti dai finti scopritori dei diversi colossi. L’eccezionalità delle scoperte, a fianco di doverose verifiche condotte parallelamente in tutto il mondo, condussero ben presto numerosi studiosi a confutare tutto quanto era stato pubblicato e pubblicizzato nell’arco di diversi mesi. Fu verificata l’inesistenza dei diversi “scopritori” dei giganti, furono evidenziate manipolazioni massive nei video messi a disposizione su internet, fu verificato in situ la totale inesistenza delle strutture ‘scoperte’. Tutto si dissolse come una enorme bolla di sapone. Solo dopo due mesi, ovvero quando la SONY rilasciò il proprio gioco ‘The Shadow of the Colossus‘, si riuscì a tracciare un unico fille rouge che legò e spiegò le reali intenzioni dietro ad una così ampia montatura mediatica e telematica. Non vi fu mai una pubblica ammissione di colpa da parte del colosso giapponese, solo una indiretta conferma che il tutto era stato predisposto per pubblicizzare al meglio un nuovo prodotto commerciale. Certamente erano riusciti nel loro intento. Non vi è dubbio, parimenti, che questi eventi costituiscano una delle più riuscite, e curiose, campagne di marketing virale che la storia ricordi, ci chiediamo però quali e quanti danni siano stati fatti verso coloro che invece, seriamente, si interessano di anacronismi storico-archeologici e cercano di proporre nuove ipotesi o nuovi scenari interpretativi. La domanda è ancora aperta e non crediamo la risposta sia troppo positiva!

Leave a Comment